
“Alieno dagli altri”. Alienazione e isolamento sociale in psicologia e nei disturbi di personalità
Oggi non vi parlerò di un alieno o di un extra-terrestre, ma di un concetto che si connette al significato sotteso a tali termini: quello di alienazione.
Significato di “alienazione”
Il termine “alienazione”, nel vocabolario Treccani, viene definito nel seguente modo: “in un’accezione […] corrente […], lo stato di estraniazione, di smarrimento dell’uomo che, nell’odierna società e civiltà tecnologica, e nell’organizzazione dei ritmi della vita, si sente ridotto a oggetto, e pertanto colpito nella propria identità e strappato alla propria autenticità”. In effetti, tale significato di “alienazione” ha avuto origine nel contesto culturale e sociale, in particolare nell’ambito lavorativo, della Germania del XIX secolo (basti pensare a Karl Marx e al comunismo). Oggigiorno, “alienazione” viene utilizzato in maniera più generica, e all’interno del panorama psicologico viene spesso accostato al termine “sociale”, con la risultante, appunto, di alienazione sociale, ossia isolamento sociale.
L’alienazione in psicologia: la Schema Therapy
Ad esempio, lo psicologo americano Jeffrey E. Young inserisce il costrutto di alienazione (o isolamento sociale) all’interno della teoria da lui creata e denominata Schema Therapy (Young, 1990, 1999, 2003). La terapia degli schemi è un’elaborazione peculiare della terapia cognitiva pensata apposta per alcuni problemi come i disturbi di personalità. Pone come suo cardine il concetto di schema disadattivo precoce. Gli schemi non sono altro che temi ampi e pervasivi, maturati principalmente durante l’infanzia e poi sviluppati nel corso della vita, relativi alla visione che l’individuo ha di sé, degli altri e del mondo. Questi schemi risultano disadattivi nel momento in cui causano sentimenti e pensieri negativi o disfunzionali, e si mantengono attraverso meccanismi comportamentali quali il mantenimento, l’evitamento e la compensazione.
Schema Therapy: schemi disadattivi e domini
In particolare, Young propone, come obiettivo della Schema Therapy, quello di agire sugli schemi disadattivi in diversi modi. Il primo passo è la loro identificazione, cui segue la presa di decisione riguardo il livello di cambiamento che si desidera raggiungere. Infine arriva la pianificazione della strategia di intervento. I livelli possibili di cambiamento sono quattro, e sono disposti su un continuum di profondità: camuffamento dello schema, reinterpretazione, modificazione e ricostruzione. Quest’ultimo è il più esteso, nonché il più lungo e complesso da attuare, e permette di sostituire gli schemi disfunzionali con altri più funzionali.
Gli schemi individuati da Young sono in totale 18, distribuiti eterogeneamente all’interno di cinque grandi categorie chiamate domini. Una grande peculiarità degli schemi riguarda il fatto che l’individuo tende inconsapevolmente a distorcere la sua visione degli eventi per mantenere la validità degli schemi sviluppatisi.
I cinque domini. L’alienazione
Il primo dominio è quello dell’isolamento e rifiuto. È proprio in questo dominio che rientra lo schema “alienazione/isolamento sociale”, definito da Young come “la credenza di essere diversi dagli altri, alienati e non appartenenti ad alcun gruppo” (Sperry, 2004). Gli altri schemi di questo dominio riguardano i temi dell’abbandono, della sfiducia, della deprivazione emotiva e della vergogna. Gli altri quattro domini sono, rispettivamente: scarsa autonomia e capacità di azione; mancanza dei limiti; dedizione agli altri; ipervigilanza e inibizione (Sperry, 2004).
Schemi e disturbi di personalità
Come abbiamo già accennato, la Schema Therapy è stata creata con un diretto riferimento ad alcune problematiche, tra le quali i disturbi di personalità. I disturbi di personalità sono dei disturbi psicologici che si manifestano tramite un pattern di esperienza interiore e comportamentale che risulti inflessibile e pervasivo in un ampio ventaglio di situazioni personali e sociali. Inoltre causa disagio clinicamente significativo o compromissione funzionale nelle aree importanti della vita, e che devii marcatamente rispetto alle aspettative della cultura di appartenenza dell’individuo.
Capiamo allora come gli schemi sopra descritti si accostino perfettamente con questo tipo di disturbi, essendo anch’essi molto pervasivi e – nel caso di schemi disadattivi – inflessibili. Secondo la classificazione categoriale dei disturbi di personalità proposta dal DSM-5, esistono 10 diversi disturbi di personalità: paranoide, schizoide e schizotipico (cluster A); antisociale, borderline, istrionico e narcisistico (cluster B); evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo (cluster C).
Alienazione e personalità. I disturbi di personalità schizotipico e paranoide
Ma quali di questi disturbi riguardano più da vicino il tema dell’alienazione sociale? Menzione particolare meritano senza dubbio i disturbi di personalità schizotipico, evitante, paranoide e schizoide.
La personalità schizotipica è caratterizzata principalmente da manifestazioni eccentriche, strane e atipiche (per quanto riguarda il pensiero, l’eloquio, il comportamento o l’aspetto), da un’affettività inappropriata e dalla mancanza di amici stretti o confidenti. Proprio quest’ultimo potrebbe essere l’aspetto che più rimanda al tema dell’alienazione. Tali persone sono infatti tendenzialmente solitarie, tuttavia il loro isolamento sociale sembra essere la conseguenza di un’intensa ansia sociale legata a pensieri di tipo paranoide.
Proprio la personalità paranoide è il secondo disturbo che consideriamo. Le intense manifestazioni overt (osservabili) e covert (“coperte”, non osservabili) proprie di questo disturbo di personalità si basano proprio sul sospetto, presente senza fondamento, di essere sfruttati o danneggiati dagli altri. I forti dubbi a priori sulla lealtà e affidabilità delle altre persone e la conseguente riluttanza a confidarsi portano questi individui ad allontanare potenziali situazioni di intimità fisica ed emotiva con gli altri.
Il disturbo di personalità evitante
Parliamo ora della personalità evitante: sembra che il motore di questo pattern cognitivo, emotivo e comportamentale sia quello di evitare qualsiasi condizione di potenziale rifiuto. Ogni situazione sociale che possa portare a un’esposizione tale da determinare una possibile critica o rifiuto nei propri confronti viene accuratamente evitata, e ciò ricade in alcune importanti scelte della propria vita, come quelle in ambito lavorativo.
Anche nella sfera interpersonale sono molte le limitazioni auto-imposte da questi individui, tra cui quelle attuate nelle relazioni intime. In particolare, nell’ambito di coppia come in quello sociale più generale, queste persone si devono sentire molto a proprio agio, e certe di piacere e di essere accettate, prima di instaurare una relazione più profonda e spontanea con qualcuno. Sembra che tutto ciò derivi da una percezione particolarmente negativa di sé. Però questa non fa altro che rinforzare i comportamenti descritti, limitando (spesso in larga parte) le potenziali esperienze positive che potrebbero caratterizzare la vita della persona in questione.
Il disturbo di personalità schizoide
L’ultimo tipo di personalità che voglio descrivervi è quello che viene definito schizoide. Albero maestro di questo pattern di personalità sembra essere l’assenza di desiderio e di piacere all’interno delle relazioni affettive, comprese quelle strette come la famiglia. In tutti gli ambiti della sua vita appare come solitario. Preferisce attività individuali, non ha amici stretti o confidenti, sembra indifferente a lodi e critiche. Ha poco o nullo interesse sessuale e manifesta freddezza emotiva, distacco o appiattimento affettivo.
Questo quadro sembra essere l’incarnazione del concetto di alienazione: individui solitari per natura ed emotivamente scollegati dal mondo. Da dove può mai derivare una tale condizione? Varie fonti e diversi approcci teorici ricollegano queste caratteristiche all’assenza di stimoli sociali all’interno della famiglia di origine. Formalità e disciplina, unite all’assenza di calore emotivo e al sottosviluppo della dimensione del gioco, sembrano essere le cause – magari in combinazione con un temperamento innato del bambino passivo e anedonico – di tale quadro molto particolare (Sperry, 2004). Da ciò deriverebbero l’idea di essere estremamente autosufficienti e il pensiero che gli altri possano essere di impiccio, nonché il piacere provato nelle situazioni in cui questi individui riescono a rimanere distaccati e da soli.
Che queste persone – nella loro stabilità e solidità composta ed imperturbabile – abbiano semplicemente meno bisogno, rispetto agli altri, di un contatto sociale per apprezzare le esperienze della propria vita?
Conclusioni
E voi, cosa ne pensate? Come concepite il termine “alienazione”? Quali dei quadri descritti vi intriga di più? Vi ritrovate parzialmente o totalmente in qualcuno di essi? Cosa pensate che ci sia sotto, quale pensate sia il meccanismo di fondo, e quali le potenzialità espressive, di una persona caratterizzata da un tipo di personalità schizoide? Vi invito a riflettere e, se volete, a lasciare un commento cui, con pieno rispetto, se volete risponderò.
Sezione testo consigliato
Len Sperry, I disturbi di personalità. Dalla diagnosi alla terapia


2 commenti
Angela Zema
Salve, mi riconosco totalmente nell’articolo, ma non so come uscirne
Marco Siliquini
Salve, le andrebbe di evidenziare uno o due punti, tra quelli letti, che ritiene più significativi e/o presenti nella sua esperienza?