
Carlo Carrà, il Futurismo e i Funerali dell’anarchico Angelo Galli
La recente scomparsa di Raffaella Carrà ha destato un profondo cordoglio in tutti noi. La sua rivoluzionaria personalità ha cambiato la storia della televisione italiana nel corso degli ultimi decenni. Il suo cognome d’arte (all’anagrafe si chiamava, infatti, Raffaella Pelloni) è stato una delle chiavi del suo grande successo. Non molti sono a conoscenza che la regina della televisione italiana scelse il cognome grazie al consiglio del regista Dante Guardamagna. Le consigliò di associare il suo nome a quello del pittore Carlo Carrà, artista piemontese legato alla corrente del Futurismo e, in seguito, alla pittura Metafisica di De Chirico.
Questo incipit apre la strada a una riflessione su Carlo Carrà, artista di origini piemontesi influente nel panorama artistico italiano all’inizio del Novecento.
L’anarchismo di Carlo Carrà e i contatti con il Futurismo
Carrà nasce nel 1881 vicino ad Alessandria. Compie gli studi con i corsi serali dell’Accademia di Brera, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo. A Parigi, dove si reca più volte nel corso degli anni Dieci del Novecento, può osservare le opere degli artisti francesi romantici, come Delacroix e Géricault.
In seguito, si avvicina alla corrente Futurista, grazie al forte fascino suscitato dal poeta Filippo Tommaso Marinetti, molto ben inserito negli ambienti letterari e culturali francesi. Le idee di modernità del creatore del movimento Futurista convincono lo spirito anarchico di Carrà. L’artista piemontese aveva già iniziato a collaborare con numerose testate di ideologie anarchiche. Il Futurismo può essere, del resto, considerato una sorta di anarchismo, con suggestioni di progresso politico e sociale. Nel 1909, Marinetti pubblica a Parigi il Manifesto del Futurismo, sull’importante testata “Figaro” e Carrà ne fu uno dei redattori.
L’apporto di Carrà al Futurismo
La partecipazione di Carrà all’Avanguardia italiana più longeva e più importante si spiega considerando una prima esperienza di letture anarcoidi e liberali, dalle quali si sviluppò la sua avversione alla borghesia e alla filosofia crociana. Aveva un temperamento rude, che non fu placato neanche con l’incontro con l’altro artista legato al movimento Umberto Boccioni, probabilmente incontrato a Milano ancor prima di cominciare l’esperienza futurista. Con lui, Carrà visitò nuovamente Parigi, nell’autunno 1911, per organizzare la prima esposizione futurista alla galleria Bernheim-Jeune che sarebbe stata inaugurata l’anno successivo.

I Funerali dell’anarchico Angelo Galli
Il pensiero artistico di Carrà vira leggermente rispetto agli altri esponenti dell’Avanguardia. Nelle sue opere, lo spazio è scandito da ritmi lineari e lo spettatore è proiettato direttamente dentro l’azione. I Funerali dell’anarchico Angelo Galli è forse il dipinto più famoso del periodo futurista dell’artista, da cui si allontanerà, alla ricerca di un movimento che potesse soddisfarlo maggiormente. Si avvicinò al Cubismo, che conobbe a Parigi, e poi alla pittura metafisica, per cui è maggiormente conosciuto.
Il dipinto, che si colloca tra il 1910 e il 1911, fu realizzato in occasione di un fatto di cronaca avvenuto nel 1904. La morte dell’anarchico Angelo Galli durante gli scontri tra polizia e manifestanti nel primo sciopero generale milanese degli operai e dei contadini. Conservata al Museum of Modern Art di New York, la composizione si ispira alle linee di Cézanne, che Carrà poté vedere durante i suoi numerosi viaggi a Parigi.
I ricordi del funerale rimasero vividi in Carrà
I ricordi rimasero talmente impressi nella mente dell’artista piemontese, che gli schizzi e i disegni realizzati in occasione del tragico, ma emozionante evento, furono ripresi più volte nel corso degli anni.
Vedevo innanzi a me la bara tutta coperta di garofani rossi ondeggiare minacciosamente sulle spalle dei portatori; vedevo i cavalli imbizzarrirsi, i bastoni e le lance urtarsi, sì che a me parve che la salma avesse a cadere da un momento all’altro in terra e i cavalli la calpestassero. Fortemente impressionato, appena tornato a casa feci un disegno di ciò a cui ero stato spettatore. Da questo disegno, e da altri successivi, presi lo spunto più tardi per il quadro Il funerale dell’anarchico Galli. E fu il ricordo della drammatica scena che mi fece dettare per il Manifesto tecnico della pittura futurista [uno degli altri firmati da Boccioni, Carrà, Balla ed altri] la frase: noi metteremo lo spettatore al centro del quadro.
Lo spettatore al centro del quadro
Carrà riporta fedelmente quello che vide e le sensazioni che l’occasione provocò nella sua mente artistica e legata ai movimenti anarchici. Durante il funerale, infatti, gli anarchici cercarono di uscire dal cimitero per portare nelle strade la bara e mostrare alla popolazione di Milano le conseguenze dell’uccisione di Galli. La polizia decise di caricare la folla opponendosi all’uscita nella città. Carrà era quindi presente, rivelando le sue idee politiche e il suo temperamento.
Nell’opera il movimento è rappresentato alla perfezione attraverso l’uso delle linee oblique. Le direttrici del dipinto si accumulano verso il centro. Da una parte, si vede la linea obliqua del corpo in primo piano, al centro, mentre dalla parte opposta i cavalli e i lancieri, con una bandiera sventolante, si muovono contro. La bara è collocata nella parte destra del dipinto. Sembra sbilanciarsi, tanto da far immaginare allo spettatore che i portatori non riescano più a sorreggerla e stia per cadere a terra. Un sole arancione intenso spunta dai raggi nel cielo e illumina una scena dai colori cupi, tendenti al marrone, al blu e al rosso scuro.

