nave- la leggenda del pianista sull'oceano
Cinema,  Poesia

Ed ecco verso noi venir per nave… un articolo bohemien da crociera

Ehi Max! Già me la immagino la scena arrivato lassù: quel poveraccio che cerca il mio nome sulla lista e non lo trova.

«Come avete detto che vi chiamate?»

«Novecento… è che sono nato su una nave, e ci sono anche morto. Non so se risulta lì sopra».

Non so se vi risulta questo monologo fantastico. Lo cito a memoria e, se devo essere sincero, avendo negli occhi La leggenda del pianista sull’oceano, più che il monologo teatrale di Baricco1.

Ed ecco verso noi venir per nave la magia del cinema quindi… ma non solo. Davanti agli occhi mi passano tante di quelle idee, che non vi dico: alcune silenziose in barca a vela, altre sfreccianti in motoscafo; davvero non so da dove cominciare.

Sento Rose che mi chiama dal ponte e vorrei solo gridarle: «Ferma, non gettare il Cuore dell’Oceano in acqua! Regalo a tua nipote piuttosto»2.

Insomma questo articolo rifiuta la logica di una consequenzialità, sbanda come Ulisse tra i sette mari, perde la bussola – ammesso che l’abbia mai avuta – smarrisce la rotta, imbarca acqua da tutte le parti!

Ma se torno in me e lascio da parte i giochi da crociera, che cosa mi resta di questa “nave”? Quale suggestione al di là della parola-tema?

La verità è che non lo so. Mi sono lasciato guidare dall’entusiasmo come un marinaio giovane la prima volta al porto. Mi sono lanciato all’avventura con una meta precisa: scrivere questo articolo. Le idee folli, più di mille, a solleticarmi la fantasia. Ho pensato a Jack Sparrow e pure ad Alceo, poi li ho lasciati entrambi a terra. E ora che la nave della mia ispirazione va alla deriva… un po’ me ne rammarico, un po’ no.

nave- Pirati dei Caraibi

Perché forse il senso del mare è questo: scivolare nella sensazione che la parte più importante di ogni storia non sia la meta, ma il viaggio che conduce ad essa. La coscienza di galleggiare su abissi oscuri, dove pochissimi esseri hanno imparato a vivere grazie agli scarti del mondo al di sopra di loro. Là dove la luce manca, che cosa saremmo in grado di vedere?

Di solito concepiamo i nostri viaggi “in orizzontale”: in lieve salita o discesa, a seconda dei momenti della vita, ma quasi sempre in maniera graduale. Di rado ci capita di affrontare la verticalità di un salto in tutta la sua paura: innalzarci tremendamente o sprofondare. Nella vita di tutti i giorni, magari, non sapremmo nemmeno metterci in condizione di farlo.

Ma nella poesia sì. Sulla nave dell’arte puoi volare o inabissarti senza chiedere il permesso a nessuna forza di gravità, a nessuna convenzione sociale. Questa settimana ho per voi un poeta maledetto, uno spirito francese che aleggiava dentro di me fin dalle prime righe scanzonate di questo articolo.

Dunque una trappola?

Sì. Una malvagia trappola tesa per voi che avete letto fino alla fine e siete disposti a scendere ancora più in basso: nell’abbraccio abissale di Arthur Rimbaud.

Battello ebbro3

Più leggero di un sughero ho danzato sui flutti eterni,
immerso nel poema del mare, intriso d’astri e lattescente.
Divorando cerulei verdi, dove, talvolta, relitto estasiato,
livido, scende pensoso un annegato.
Io so i cieli che si squarciano in lampi.
Io so la sera, l’alba eccitata come colombe a stormi.
E, a volte, ho veduto quel che l’uomo crede di vedere.
Sognai la notte verde dalle nevi abbagliate,
ma ciò che lentamente sale allo sguardo dei mari:
arcobaleni tesi come redini, sotto l’orizzonte dei mari
e lontananze crollare a cataratte negli abissi
e sostavo come donna, in ginocchio.

Battello ebbro, legno folle…
e desidero l’Europa in quelle notti immense.
Ho pianto troppo, son desolanti le albe
ed è amara ogni luna, ed è atroce ogni sole.
Se desidero un’acqua d’Europa è la fredda,
nera pozza dove nel crepuscolo
accovacciato e triste un bimbo vara
il suo battello tenue, come farfalla a maggio.

Note

  1. Il film è di Giuseppe Tornatore, con un eccezionale Tim Roth e con tanto di colonna sonora jazz by maestro Morricone. Il gran testo di Alessandro Baricco invece, l’unico suo che io abbia letto, si chiama Novecento.
  2. Perché «Titanic è sempre Titanic», cit. James Cameron.
  3. La versione che riporto è quella recitata da Leo De Berardinis. Ho scelto le sue parole perché per me questa poesia di Rimbaud non è mai stata scritta, o letta, ma ascoltata.

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