Totem
Antropologia,  Filosofia,  Storia

Essere umano-animale: il totem. Una lettura di “Massa e potere” di Elias Canetti

La storia degli uomini è stata per secoli una storia di fughe. Fughe dalla morte, dalla fame e dalla guerra. Secondo il filosofo Elias Canetti le cause originarie delle formazioni primitive sono dovute proprio all’ossessione nei confronti della morte, della fame, della guerra. E l’unico modo per far fronte alla morte di un componente della tribù umana o alla sperimentazione della scarsità di risorse o all’essere vittima di un attacco militare è stato l’essere di più.

Il totem come possibilità d’essere di più

Il desiderio di essere di più era una costante dell’umanità, essere di più avrebbe significato al contempo avvertire con meno urgenza la scomparsa di un componente della tribù, avere maggiore probabilità di conquistarsi le risorse per vivere, avere più possibilità di sopravvivere durante uno scontro bellico. Il desiderio delle comunità primitive era quindi quello di accrescersi e l’unica maniera con cui gli uomini potevano aspirare ad essere di più era quella di imitare altre forme di vita e trasformarsi in esse, animali o piante.

Di qui i totem, che non sono per Canetti gli strumenti con cui l’uomo si differenzia dall’animale, bensì figure che rappresentano la compresenza di uomo e animale, sono degli esempi del rapporto biunivoco, di simbiosi fra uomo e animale.

Uomo e animale sono al tempo stesso presenti in una sola figura, la quale possiede le qualità di ambedue commiste in modo sommamente ingenuo e sorprendente per la nostra sensibilità. Tali antenati – è chiaro – non rappresentano altro che il risultato di metamorfosi. L’uomo al quale è ripetutamente accaduto di sentirsi come un canguro e di apparire tale, è divenuto il totem-canguro.

Per essere di più la comunità ha dovuto trasformarsi nelle forme di vita che aveva intorno.

L’uomo che ha per totem la zanzara vuole che la sua gente divenga numerosa come le zanzare.

Inoltre le figure totemiche possono combinare uomo e animale o uomo e vegetale. Fra i totem australiani si trovano le nuvole, la pioggia e il vento, l’erba, l’erba pungente, il fuoco, il mare, la sabbia e le stelle. Ma l’importante è che ogni figura animale o vegetale che si trova nel totem sia una figura plurale, che dia la possibilità di moltiplicare la tribù o la comunità umana che le s’appella.

Totem Pollock

La natura metamorfica della figura del totem

Compresenza uomo-animale, accrescimento reciproco, metamorfosi reversibile: nessuno dei due elementi del totem è immutabile. È proprio attraverso tali trasformazioni “stabilizzate” nelle figure totemiche che l’essere umano è riuscito a diventare propriamente ciò che è.

Attraverso enormi periodi di tempo, durante i quali egli visse in piccoli gruppi, l’uomo in successive metamorfosi si identificò con tutti gli animali che conosceva. Mediante questo esercizio di metamorfosi, che era la sua dote peculiare e il suo piacere, egli divenne davvero uomo.

La possibilità di vivere per l’essere umano sta quindi nella sua capacità di trasformarsi e di accrescersi grazie alle altre forme viventi.

La tribù dei bambini a Villa Sciarra

Vivere o sopravvivere

D’altro canto cos’è il potere? Accrescimento senza metamorfosi. Per Elias Canetti quando il desiderio di essere di più viene sganciato dalla capacità di trasformarci nelle altre vite siamo di fronte alla passione del potere, vogliamo cioè essere di più non grazie alle vite che ci circondano, ma a dispetto di queste.

Il potere inizia laddove l’uomo perde la capacità di trasformarsi in se stesso, con gli altri e grazie agli altri. I potenti vogliono sopravvivere, non vogliono vivere, instaurando un rapporto predatorio con gli altri: mors tua vita mea. Sopravvivere significa vivere sopra, sottomettere gli altri.

Al contrario la metamorfosi è il desiderio di vita comune, il desiderio di nutrirsi della vita altrui, facendo delle altre vite la condizione senza la quale la propria vita non potrebbe essere avvertita come tale.

Mentre la metamorfosi non dissimula se stessa, non frappone barriere fra interiorità ed esteriorità, che diviene riflesso del processo di cambiamento interiore, invece la pulsione di sopravvivenza deve necessariamente mascherarsi. La metamorfosi stabilizza la sua figura nel totem, mobile, inquieto, mimico, fluido, mentre il potere indossa una maschera rigida e costante, predatoria e “violenta”, poiché teme il mutamento.

Nella maschera sfocia e termina il corso fluido delle metamorfosi confuse, fermentanti, di cui è meravigliosa espressione ogni volto naturale, umano. Dall’istante in cui quel flusso vi giunge, non appare più nulla che stia iniziando, nulla che sia accenno inconsapevole e ancora privo di forma. La maschera è chiara, esprime qualcosa di ben determinato, non di più e non di meno. La maschera è rigida: ciò che essa esprime non muta.

Letture consigliate:

E. Canetti, Massa e potere

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