
Gaber e De André: maestri di solitudine
Dono o condanna? Viaggio o vicolo cieco? Capriccio o vezzo? In qualsiasi modo la si voglia vedere la solitudine è un’esperienza che ci accomuna tutti fin dalla notte dei tempi, anche se secondo qualcuno è una condizione che caratterizza particolarmente il mondo contemporaneo. Diamo la parola allora a due mostri sacri della musica italiana che si sono fatti interpreti della solitudine di ognuno di noi.
I Soli: gli infausti déi del caso
Nel 1987 Giorgio Gaber debuttava con la canzone “i Soli”, un manifesto culturale della non appartenenza di questa nostra epoca post moderna.
Sì perché una volta crollati tutti i sistemi del ‘900, all’uomo occidentale non è rimasto che confondersi in una massa informe che non può più sostenere l’illusoria benedizione dell’appartenenza, va da sé che l’unica forma di identificazione e la ricerca della singolarità. dell’uno, della solitudine
I soli e le sole non hanno ideologie
A parte una strana avversione per il numero due
Senza nessuna appartenenza, senza pretesti o velleità sociali
Ma dove viene questa voglia di isolarsi, questo richiamo alla solitudine? è un atto di eroismo o di vigliaccheria? Qual è il confine fra l’esigenza di distinguersi e la vanità di apparire difformi?
Con quell′aria un po’ da saggi, un po′ da adolescenti
A volte pieni di energia, a volte tristi, fragili e depressi
I soli c’han l′orgoglio di bastare a se stessi
Ma cosa si nasconde dietro tutta questa solitudine? e se lo stare da soli fosse uno scudo per proteggersi dal senso di inadeguatezza? Una sorta di coperta di Linus per non dover affrontare le sfide del vivere quotidiano, per non confrontarci con gli altri? Per non vivere e non essere vissuti fino in fondo da chi ci circonda. Chi di noi non ha mai pensato che dietro un solo cronico ci sia radicata la paura di non provare la vertigine di investire tutto su una sola persona, su un solo sorriso, su un solo nome a cui pensare prima di dormire
Ai soli non si addice l′intimità della famiglia
Magari solo un po’ d′amore quando ne hanno voglia
Un attimo di smarrimento, un improvviso senso d’allegria
Allenarsi a sorridere per nascondere la fatica
E chi può rispondere? Come se poi ci fosse una risposta univoca e stabile per ognuno di noi. e voi a che punto siete con la vostra solitudine?
La solitudine della poesia: de André fabbricante di storie
Se si parla di cantautori e solitudine non si può non parlare di Fabrizio de André.
Il musicante di Genova ha fatto dell’essere soli un punto fondamentale di tutta la sua poetica. Non solo, infatti, si è fatto portavoce degli emarginati, dei soli per eccellenza che popolavano via del campo o la via della povertà, ma ha sempre annoverato la solitudine come una delle condizioni per accedere alla verità, lo scotto da pagare per riuscire ad essere sinceri, in primis con sé stessi.
“Essere sinceri è una condizione propria dei pazzi dei soli e dei bambini”
La solitudine come esercizio spirituale, come strumento di libertà, la condizione per essere svincolati dalle nostre ansie e dalle nostre paure.
Paura della solitudine? allora non perdetevi il video che segue

