Lanterna antico Egitto
Archeologia,  Arte,  Mondo antico

La luce nel buio dell’aldilà: le lanterne nei riti funerari dell’antico Egitto faraonico

“La luce è vita”, “il buio è morte”. Entrambe costituiscono metafore intuitive che sono entrate a far parte dell’immaginario comune in tempi antichi. Attraversando millenni, esse sono tutt’oggi nell’elaborazione culturale dell’individuo contemporaneo. 
Nell’antico Egitto, la luce (šw), associata al dio Sole Ra, occupava una posizione centrale in ambito religioso, così come in ambito funerario. In particolare, mentre riferimenti sia scritti che rappresentativi al dio Sole sono numerosi in contesti mortuari, pochi sono quelli relativi alla luce artificiale.
Gli antichi Egizi stessi non sono stati espliciti nel descrivere gli oggetti utilizzati: la loro forma e colore, le loro dimensioni.
Questo ha fatto sì che gli studiosi fossero altrettanto vaghi, parlando una volta di candele, un’altra di lampade, lanterne, torce o lumini.
Poche sembrano essere le evidenze archeologiche di manufatti che potevano servire ad illuminare. Forse queste sono andate perdute per via di una loro non-standardizzazione.

Stato dell’arte

Pubblicazioni sull’argomento, esigue, mancano quindi di definizioni chiare riguardo il materiale di illuminazione e poche sono le ipotesi relative al significato simbolico della luce nei riti funerari.
Neppure Petrie, il padre dell’archeologia dell’Egitto, ha prodotto scritti sulle “lanterne” dell’Egitto faraonico!
M. Strong (2018) nella sua tesi di Dottorato, intitolata “Illuminating the path of darkness: social and sacred power of artificial light in Pharaonic Period Egypt”, tenta di colmare questo vuoto nello stato dell’arte.

Mentre ci riferiremo agli oggetti utilizzati per l’illuminazione come “lanterne” appunto – parola della settimana -, analizzeremo la loro possibile funzione religiosa e l’ideologia dietro l’illuminazione in ambito di rituale funerario nell’antico Egitto.

Cosmologia: morte e rinascita secondo gli antichi Egizi

Propria della cosmologia egizia era l’idea che il dio Sole, tramontando ad ovest, entrasse nel buio dell’aldilà e, tornando al suo stato primordiale nell’utero della dea madre Nut, regina dei cieli, rinascesse poi all’alba.
Gli antichi Egizi credevano che questo processo cosmico ciclico, articolato in fasi, con significato salvifico di rigenerazione, fosse il destino di tutte le anime meritevoli.
Come era stato il percorso intrapreso da Osiride, signore dell’oltretomba, così sarebbe stato lo stesso per il defunto la cui anima sarebbe stata giudicata pura a seguito della cerimonia di pesatura del cuore.
Perciò, la luce artificiale – la menzione di essa su papiri o la rappresentazione sulle mura della stanza sepolcrale – assumeva un ruolo fondamentale nella performance del rituale funerario. 

Lanterne Papiro di Ani
Papiro di Ani: rituale della pesatura del cuore (Andrews et al. 1985, 14)

La luce nel buio dell’aldilà

Un riferimento particolare all’uso della luce artificiale lo possiamo trovare nella formula 137A e B del Libro Dei Morti di Nu (EA 10477), risalente alla XVIII dinastia del Nuovo Regno (ca.1500-1300 a.C.): l’incantesimo è accompagnato da una vignetta che illustra quattro figure maschili, ognuna rappresentante uno dei figli di Horus, ognuna con in mano una lanterna (tkA) da presentare al corpo mummificato del defunto.

Lanterne-Papiro di Nu

Papiro di Nu: vignetta della formula 137 A (Strong 2018a, 255)

Questa formula fa parte dei testi di glorificazione: una categoria di formule recitate dai vivi durante il rito funerario a beneficio del defunto (Assmann 1990).
Dovevano proteggerlo ed illuminare il suo cammino, pieno di insidie e pericoli verso l’aldilà; dovevano favorire la sua trasfigurazione in una forma spirituale associata alla luce, nello spirito divino akh (Englund 1978).

M. Strong (2018a) suggerisce inoltre un legame tra queste formule ed il rituale dell’apertura della bocca.
Avanza l’ipotesi secondo cui, l’accensione delle lanterne e la recitazione dell’incantesimo 137A e B sarebbe avvenuta al tramonto, successivamente al rituale appena menzionato.
La luce avrebbe quindi non solo la funzione di contrassegnare il passaggio dal giorno alla notte, ma anche il passaggio liminale del defunto dal mondo dei vivi a quello dei morti.
Oppure, era possibile che le lanterne venissero accese alla presenza dei cari del defunto, per accompagnarlo dentro la camera sepolcrale, così da evidenziare una transizione sia fisica che spirituale.


Una prova del fatto che il “rituale delle lanterne” avvenisse al tramontare del sole, può essere individuata nella camera sepolcrale di Amunnakht (TT 218): qui, sul muro ad ovest, direzione associata all’oltretomba e dove il sole scompare all’orizzonte, troviamo una scena i cui soggetti principali sono Osiride, affiancato dalla dea Nut che accoglie il Sole tra le sue braccia.
Le lanterne, posizionate a destra ed a sinistra della figura di Osiride, simboleggiano la luce di Ra che illumina l’aldilà e la rigenerazione di entrambi, nonché del defunto stesso (Strong 2018a, 259).

Timpano della stanza mortuaria di Amunnakht
Timpano della stanza mortuaria di Amunnakht (TT 218) (Strong 2018a, 259)

Archeologia sperimentale: una lanterna che illumina il sarcofago

Per indagare l’uso pratico che la luce artificiale delle lanterne doveva avere nell’antico Egitto, M. Strong (2018b) ha condotto un interessante esperimento.
Ricreando una fonte d’illuminazione simile ad una utilizzata all’epoca, l’archeologa ha richiesto ad un gruppo di volontari di osservare l’effetto della luce flebile della fiamma al tramonto, su pannelli dipinti con pigmenti gialli.
Gli stessi con cui alcuni sarcofagi egizi venivano decorati, specialmente le cosiddette “Yellow Coffins” proprie della XXI e XXII dinastia del Terzo Periodo Intermedio (ca. 1000-720 a.C.).

Dall’esperimento è emerso come il giallo ocra verniciato si trasformasse: mentre alla luce del giorno appariva marroncino, al tramonto e all’illuminazione della luce della lanterna appariva scintillante e dorato.
Poteva questo tipo di decorazione in giallo essere una soluzione più economica all’uso dell’oro come materiale per il sarcofago? Poteva comunque simboleggiare il dio Sole ed infondere il defunto della sua luce soprannaturale e divina?

Lanterne-esperimento
Esperimento: effetto scintillante e dorato visibile nel pannello indicato dalla freccia verde (Strong 2018b, 221)

Un’alleata contro le tenebre

Come in alcuni testi relativi all’oltretomba, e grazie a rappresentazioni pittoriche in contesti funerari, possiamo concludere che la luce doveva guidare il defunto nel Regno dei morti. Doveva difenderlo dai nemici e dal male, dall’oblio della morte definitiva – il destino delle anime non meritevoli.
Essa aveva quindi una funzione “filattica” ed “omopoeica”, utilizzando le parole di Petrie. Una funzione di protezione prima di tutto.
In secondo luogo, la luce, simboleggiando il dio Sole, doveva favorire il trasferimento dei poteri soprannaturali del dio al defunto. Così facendo il defunto poteva trasformarsi in un’anima immortale (akh), rigenerarsi e rinascere.

Al di là dello spazio e del tempo

In ultimo, è interessante notare come l’uso della luce artificiale in ambito funerario non sia proprio solamente dell’antico Egitto.
Le lanterne, o lucerne, erano ampiamente diffuse anche nel mondo greco e romano.
Poiché venivano spesso trovate accanto al defunto, poteva la luce artificiale di queste lanterne avere un significato simbolico simile a quello ipotizzato per l’antico Egitto?
Allo stesso modo, troviamo lucerne in terracotta anche in contesti mortuari tardo-antichi, con rappresentazioni figurative legate all’ebraismo e alla cristianità.
Questo fatto suggerirebbe quindi un ruolo fondamentale della luce anche nelle rappresentazioni collettive di religioni monoteiste. Ma quale sarà stato il simbolismo della luce in questi casi?

Potrebbe essere tracciata un’evoluzione lineare del significato della luce che vada al di là di barriere spazio-temporali? Lascerò a voi immaginare…

Bibliografia

  • Andrews et al., 1985. The ancient Egyptian book of the dead / translated by Raymond O. Faulkner ; edited by Carol Andrews. Revised., London: Published for the Trustees of the British Museum by British Museum Publications.
  • Assmann, J., 1990. Egyptian Mortuary Liturgies. In S. Israelit-Groll (ed.), Studies in Egyptology: Presented to Miriam Lichtheim, vol. I. Pp. 1-45. Jerusalem: Magnes Press, Hebrew University.
  • Englung, G., 1978. Akh: Une Notion Religieuse Dans l’Egypte Pharaonique. Uppsala Studies in Ancient Mediterranean and Near Eastern Civilizations, vol. II. Uppsala: University of Uppsala.
  • Strong, M., 2018a. A Great Secret of the West: Transformative Aspects of Artificial Light in New Kingdom Egypt. In N. Gonlin & A. Nowell (eds.), Archaeology of the Night: Life After Dark in the Ancient World. Pp. 249-264. Boulder: University Press of Colorado. 
  • Strong, M., 2018b. Illuminating the path of darkness: social and sacred power of artificial light in Pharaonic Period Egypt (Doctoral thesis).

Un commento

  • rama

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