
La luna come antecedente della licantropia. Un’indagine razionale rivolta all’umanità residua nel lupo mannaro
A volte, quel che facciamo quando rivolgiamo gli occhi al cielo è modificare parzialmente i confini fisici e i limiti materiali della nostra dimensione per crearne una straordinaria. Osserviamo nuvole immaginando scenari fantastici, o ammiriamo la luna e la sua cupa luminosità chiamarci a lei, sognanti. La nostra mente permette di travalicare barriere apparentemente invalicabili, soprattutto quando viene inquadrato uno stimolo che ha il potere di farci accendere. Ma c’è almeno una situazione in cui uno di questi stimoli, ossia la luna, costituisce l’antecedente per un incredibile quanto orrifico mutamento di condizione: la licantropia.
Lupi mannari e Harry Potter
Quando parliamo di licantropia, parliamo di lupi mannari. Oggi, prendendo spunto dalla parola di questa settimana, vi accompagnerò in un viaggio fuori dal comune all’interno della saga fantasy di Harry Potter. Proverò a descrivere e a ragionare su alcuni aspetti che sembrerebbero, secondo la tradizione, definire e connotare la condizione dei lupi mannari, ossia di persone affette da licantropia.
Informazioni generali
Partiamo con un po’ di informazioni: sembra che l’origine della licantropia risalga all’antica mitologia greca, con la figura di Licaone, sovrano d’Arcadia. Mentre altre fonti riportano che la figura del lupo mannaro abbia avuto origine in Nord Europa. Il termine licantropia deriva dal greco λύκος (pron. liùkos, ossia “lupo”) e άνθρωπος (pron. àntropos, ossia “umano”), da cui il significato di metà uomo-metà lupo. Sembrerebbe infatti che questa figura sia caratterizzata da sembianze e comportamenti umani per la maggior parte della sua vita. Mentre in situazioni particolari, come quella del plenilunio (luna piena), si trasformi in un lupo vagamente antropomorfo e si comporti come tale animale, caratterizzato però da caratteristiche fisiche, come forza e velocità, maggiori.
Sintomi da licantropi
Nel mondo di Harry Potter, la vicenda che senza dubbio più di tutte ci permette di entrare in contatto con questa figura riguarda il personaggio di Remus Lupin, insegnante di Difesa contro le Arti Oscure del terzo anno di Harry & co., il quale fin da piccolo si vede costretto a vivere una vita molto difficile a causa del morso di un altro ben noto lupo mannaro della serie, ovvero Fenrir Greyback.
A quanto emerge anche dalla tradizione più generale, durante il plenilunio (quasi) ogni lupo mannaro (al di là del fatto che guardi o meno la luna piena) è destinato a trasformarsi, subendo una mutazione fisica dolorosa che non risparmia trasformazioni cognitive e comportamentali che fanno somigliare in ultima istanza la persona colpita a una bestia feroce e violenta. Sembra che il senso di identità venga temporaneamente smarrito del tutto, e che lo stato di coscienza non contempli, durante la trasformazione, il ricordo di chi si è veramente. Donde, la possibilità per il lupo mannaro trasformato di commettere omicidi senza rendersene conto, e addirittura dimenticandosene, una volta tornato umano.

Un focus sulla psicologia
Dal punto di vista psicologico, è proprio questo il fattore che ritengo più interessante esplorare: sembra che le facoltà cognitive del lupo mannaro cambino radicalmente. Anche la persona più buona e calma al mondo potrebbe mietere vittime, una volta trasformata. Ora, la domanda che vorrei sollevare è: tutto questo è verosimile? So che stiamo parlando di creazioni di fantasia (almeno, in tali termini esagerati ed iperbolici), ma stiamo parlando anche di esseri umani, dotati di certe caratteristiche e certi limiti, e ritengo che un utile esercizio di pensiero sia quello di cercare di applicare tali condizioni anche a opere di fantasia, laddove permangano elementi collegabili alla nostra condizione di esseri umani, come appunto – in questo caso particolare – l’applicazione della licantropia al genere umano.
La domanda fondamentale
Dunque, tornando alla nostra domanda: è lecito, è verosimile caratterizzare una persona, durante la trasformazione in lupo mannaro, con la totale e incontrovertibile condizione di perdita temporanea di coscienza, identità e memoria?
Sembra che sia lecito, principalmente per due motivi:
- Innanzitutto, emerge che la condizione di lupo mannaro determini necessariamente, in alcune situazioni isolate (come il plenilunio), un cambiamento fisico e fisiologico (legato dunque tanto all’aspetto esteriore quanto alla conformazione degli organi interni), dal quale appare lecito far conseguire un mutamento nelle caratteristiche cognitive dell’individuo. E noi sappiamo che aspetto esteriore e materia interiore sono intrinsecamente collegati, e rispecchiano parzialmente l’espressione di un determinato comportamento. Dunque, alla trasformazione della materia corrisponderebbe la trasformazione di ciò che dalla materia deriva. Questa posizione verrebbe suffragata dal fatto che, secondo alcune fonti, la persona affetta da licantropia perderebbe, nella sua forma di lupo, la capacità di pensare come un umano, diventando molto aggressivo verso chiunque, evitando dunque distinzioni tra amici e nemici.
- In secondo luogo, l’unico antidoto di cui si è a conoscenza è costituito dalla Pozione Antilupo. Essa, tuttavia, non può far altro che attenuare la sintomatologia presente durante la trasformazione in lupo mannaro. In altri termini, la trasformazione avverrebbe in ogni caso. Ma con la Pozione Antilupo si può rendere innocuo l’individuo in seguito alla mutazione, facendolo diventare assonnato e apatico. Da tali informazioni si può indurre come, agendo sul sostrato fisiologico dell’individuo trasformato, si possa evitare la massima espressione di manifestazioni che sono naturalmente collegate alla condizione di lupo mannaro. Infatti, sembra che non sia possibile arrestare questa modificazione in modi alternativi e reversibili.
Un altro punto di vista
In contrario a questa posizione: afferma Dante Alighieri:
Fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, C. XXVI, vv. 119-120
L’uomo è caratterizzato sostanzialmente da un sostrato materiale o fisiologico (chiamato corpo) e da una componente immateriale o spirituale (chiamata anima, o spirito). Ora, se ammettessimo la completa trasformazione fisiologica della persona in lupo mannaro, potremmo – secondo un’ottica materialista – accettare la sostanziale mutazione cognitiva e comportamentale che sembrerebbe essere caratteristica indiscutibile di chi si trasforma. Tuttavia, ogni essere umano non è costituito solamente di materia, ma anche – come già detto – di un nucleo, di stampo immateriale, che chiamiamo anima e che è in continua relazione con il corpo.
Sembra inoltre, secondo la corrente di pensiero aristotelico-tomista, che facoltà essenziali ed esclusive dell’essere umano siano l’intelletto e la volontà, contenute nella dimensione immateriale o spirituale caratterizzante l’uomo. Allora, a questo punto, è lecito chiedersi: durante la condizione di lupo mannaro, che fine farebbe questa parte immateriale? Che fine farebbero, dunque, facoltà come l’intelletto e la volontà? Rispondiamo affermando che la dimensione immateriale dell’uomo è collegata al sostrato materiale, ma non coincide con esso. Dunque, alla mutazione fisiologica – per quanto significativa – riscontrabile nella condizione di lupo mannaro non deve necessariamente corrispondere una mutazione dell’anima della persona.
Asserendo che la dimensione spirituale costituisce parte sostanziale ed essenziale dell’essere umano, possiamo dunque sostenere che essa rimanga in qualche misura presente nella condizione di mutazione fisica. E poiché l’uomo si differenzia dagli altri animali proprio per la presenza di questa dimensione immateriale, possiamo affermare con certezza che, anche in condizioni fisiche e fisiologiche che facciano assomigliare l’uomo a un animale inferiore, questa dimensione rimanga.
Ora: come in alcune condizioni psicologiche umane (ad esempio, alcuni stati patologici caratterizzati da sintomi dissociativi) alcune facoltà cognitive dell’uomo sembrano essere depotenziate (proprio nel caso di stati dissociativi parliamo di alterazione di coscienza, memoria, identità, ecc.), rimanendo tuttavia esprimibili in potenza; così, similmente possiamo affermare che nella condizione di mutazione propria del lupo mannaro rimangano presenti tali facoltà essenziali dell’essere umano ma che siano in qualche grado alterate e, nello stato originario della trasformazione, non esprimibili secondo il loro normale livello quantitativo e qualitativo di attivazione.
Confutazione della prima ipotesi
Riassumendo: la condizione di mutazione propria del lupo mannaro determina un radicale cambiamento fisiologico e, dunque, materiale (esterno e interno). Tuttavia, la dimensione immateriale – che rappresenta la sostanza dell’uomo – rimane sostanzialmente invariata, nonostante le facoltà ad essa connesse (ossia intelletto e volontà, con le loro manifestazioni) vengano ad essere in una certa maniera compromesse. Da cui la sensazione, da parte degli osservatori, che il lupo mannaro non sia in grado di ragionare come un normale essere umano, né di scegliere di non aggredire un amico che si trovi di fronte a lui.
Affermando ciò, viene confutato il motivo n. 1 a sostegno della tesi contraria (vedi sopra).
Rispondendo invece al motivo n.2: alcune celebri personalità, come Gilderoy Lockhart (in italiano conosciuto come Gilderoy Allock), affermano che esista un modo per far tornare allo stato umano un licantropo trasformato. Servirebbe, a tal proposito, pronunciare un Incanto Homosembiante molto complicato. Questa informazione, letta come possibilità di reversibilità del processo trasformativo in questione, può essere addotta come conferma della presenza costante di un elemento, quello spirituale, che garantisca la continuità e la coerenza tra i due stati, pur fisiologicamente diversi, che caratterizzano l’individuo affetto da licantropia.
Conclusioni e spunti di riflessione
Siamo partiti dal termine luna, poi ci siamo spostati alla licantropia, fino ad arrivare a considerazioni di carattere metafisico sull’essenza dell’uomo e, in particolare, di un lupo mannaro che sia costretto, sotto l’influenza lunare, a trasformarsi in bestia “cieca” e violenta, che sembrerebbe non avere niente in comune con chi era prima della trasformazione. Abbiamo riconosciuto, però, nell’elemento spirituale proprio dell’uomo un tassello stabile dell’esperienza umana, qualsiasi condizione esso si ritrovi a vivere. E voi che ne pensate? Il lupo mannaro è destinato a vivere una condizione in cui non rimane niente di umano dentro di lui? Oppure, al contrario, sarebbe potenzialmente in grado, addirittura, di risparmiare una persona cara che si ponga di fronte a lui, evitando di attaccarla?
Sezione testo consigliato
J.K. Rowling, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Postilla
In questo clima di divertente esercizio mentale volto ad applicare la logica e il ragionamento a una realtà fantastica come quella di Harry Potter e dei lupi mannari, spero di essere riuscito a stimolare il lettore a ragionare su aspetti ai quali non è abituato a ragionare, varcando parzialmente i limiti formali imposti dalla logica comune, nonché a invitare ad ampliare e allargare gli orizzonti dei costrutti mentali che siamo abituati a considerare nella vita quotidiana concreta quanto nell’attività mentale speculativa, astratta.


2 commenti
Twicsy
Bel post, l’ho condiviso con i miei amici.
Marco Siliquini
Grazie! Sono contento che sia stato apprezzato.