
Il mistero della Sfinge: un enigma in salsa greca
«Τί ἐστι τὸ αὐτὸ δίπουν, τρίπουν, τετράπουν;»1
Fate conto che la Sfinge2, all’ingresso di Tebe, vi abbia appena rivolto questo indovinello (il primo attestato nella storia umana). Fate conto pure che, se non le rispondete correttamente, vi divorerà o quantomeno vi staccherà la capoccetta. Immaginate infine la faccia della Sfinge quando le direte: mi scusi, signora Sfinge, ma non parlo greco antico.
Ed ecco a voi la risposta all’annosa questione: a che serve studiare il greco. Ora lo sapete, magari in ritardo, perché avete già frequentato o evitato il liceo classico, ma non è mai troppo tardi per capire come salvarsi la vita davanti a una Sfinge. Lasciate stare che la civiltà greca è la culla del classicismo europeo e mondiale; che i più alti spiriti dell’antichità si sono espressi in questa lingua straordinaria; che le ideologie artistiche, filosofiche, retoriche e scientifiche moderne non possono prescindere dalla tradizione ellenica. Lasciate perdere questo Θάλασσα (mare) di cultura. Io vi ho posto una domanda semplice e vitale: casomai doveste incontrare una Sfinge, e vi assicuro che non se ne trovano soltanto in Egitto o alle porte di Tebe, casomai doveste essere messi alla prova da un indovinello greco, che le rispondereste?
La vostra sorte sarebbe segnata, vi sareste giocati la vita; e per cosa? Per non studiare un po’ di greco, che non ha mai ucciso nessuno (a differenza delle Sfingi)?
Dopo questo appello allo studio salvifico, che cadrà probabilmente nel Χάος (il Vuoto originale), procedo alla contestualizzazione del mito. Sì, perché potreste pensare: «Ma di cosa si è drogato oggi Salvatore per parlare del mistero della Sfinge?». La sostanza allucinogena è sempre la stessa: il teatro greco. La frase che vi ho scritto a inizio articolo, in lingua originale e senza traduzione, per creare appunto un po’ di mistero, è tratta dalla mitologia della saga tebana, in particolare dall’antefatto alla celebre tragedia di Sofocle: l’Edipo re.
Il Giallo di Edipo
C’è questo buon signore, Edipo di Corinto, che alle porte di Tebe riesce a risolvere l’enigma della Cantatrice, ovvero la Sfinge. Risolta la faccenda, viene acclamato come salvatore della città, dato che il mostro ferino da lui sconfitto aveva preso la brutta abitudine di uccidere tutti i passanti non abbastanza perspicaci da rispondere alla domanda: “quale creatura cammina sia con due piedi, sia con tre, sia con quattro”? Facile, no? Nel frattempo che ci pensate un attimo, vi spoilero qualcos’altro della trama.

Edipo era fuggito da Corinto perché un oracolo gli aveva predetto che avrebbe ucciso il padre e si sarebbe unito con la madre. Quando approda a Tebe, lontano mille miglia da casa, e viene accolto come nuovo sovrano della città, non gli pare vero. Già, perché oltretutto il vecchio re, Laio, era stato ucciso pochi giorni prima che Edipo sconfiggesse la Sfinge. Insomma, il talento del giovane principe corinzio sembra aver incontrato l’occasione perfetta per garantirgli il successo ma, udite udite, scoppia la peste a Tebe. Il dio Apollo pretende che si scopra l’uccisore di Laio, e solo dopo la sua punizione l’epidemia cesserà. Ecco che Edipo, novello Hercule Poirot, deve indagare per risolvere un altro mistero e accetta la sfida di buon grado. D’altra parte, dopo aver risolto l’enigma millenario della Sfinge, che volete che sia un’indagine per omicidio?
Come ogni buon detective greco, decide di fare due cose fondamentali: cercare testimoni oculari e consultare ὁ Μάντις, ovvero, l’Indovino per eccellenza: Tiresia3; che sarà pure cieco, ma ci vede lungo. Edipo lo supplica, lui non risponde, allora Edipo lo insulta e Tiresia, stanco di essere un indovino educato, gli dice la famosa verità: «Tu sei l’uomo che cerchi».

Il neo-eletto re di Tebe, nonché Sherlock Holmes in erba, non capisce, o meglio non accetta la soluzione; ma il responso non potrebbe essere più chiaro e drammatico. Come la profezia si avveri e come l’indagine si concluda, non ve lo dirò: fa parte della Nemesi, della vendetta degli dei e della storia sulla stirpe del vero padre di Edipo (Laio di Tebe e non Polibo di Corinto); per gustarsela c’è solo da aprire il capolavoro immortale di Sofocle e leggerselo.
La risoluzione del mistero della Sfinge dunque è la quiete prima della tempesta, la vittoria prima della catastrofe. Vi garantisco che è un meccanismo degno delle migliori montagne russe di Disneyland: un uomo ascende al potere grazie all’intelligenza, si sente padrone del mondo e del suo destino, finché la sua stessa sagacia non gli rivela una verità più profonda. L’intelligenza umana non basta a comprendere, tantomeno a guidare la sorte; viviamo in un mistero più grande di noi. Il Fato può favorirci o stroncarci, con forze che vanno al di là del nostro controllo e gli dei imperscrutabili lasciano all’uomo una sola libertà: l’umile eroismo di affrontare la propria condizione a testa alta.
Già, l’Uomo… è questa la risposta all’indovinello della Sfinge e forse il fulcro di tutta la drammaturgia sofoclea: l’uomo che al mattino gattona a quattro zampe, al mezzogiorno si erge sui due piedi, cammina al tramonto con l’aiuto di un bastone; cieco sempre, per meraviglia o per terrore, di fronte al mistero della vita.
Note
- La versione dell’enigma che cito è tra le più stringate e insidiose. Viene così riportata da Diodoro Siculo nella sua Biblioteca.
- Tutti sappiamo, di base, com’è fatta una Sfinge: corpo di leone e testa di donna. Ma esistono diverse varianti per la parte superiore del corpo: testa d’ariete e di falco per esempio.
- Una curiosità: Tiresia è il prim* fra tutti i transgender, ha cambiato sesso due volte in vita sua! Per sapere i dettagli vi rimando a Wikipedia!

