nascita venere
Letteratura,  Poesia

La nascita d’Amore avviene per gli occhi

“Per gli occhi” non va inteso come complemento di vantaggio o fine, bensì come moto per luogo figurato o mezzo. Ecco, se non fosse stato abbastanza chiaro prima, l’autore di questo articolo sulla nascita di Amore è un prof di italiano. Un prof tutto sommato moderno, e tuttavia animato, giustamente, dalle vecchie, care compulsioni grammaticali.

Parlando di nascita e amore, già mi fruscia nelle orecchie il mare e Venere, nata dalle spume, che fea quelle isole feconde, proprio lì: a Zacinto, dove il foscoletto corpo da fanciullo giacque. Ok, ok, basta. Pongo un freno al mio delirio foscoliano. Non vi parlerò infatti della celebre poesia A Zacinto, di Ugo Foscolo, che pure si presta perfettamente al tema. Approccerò il pre-romanticismo con calma, un’altra volta.

(Piccola parentesi per la mia coscienza: cominciano a diventare numerosi gli articoli in cui all’inizio faccio finta di parlare di una poesia o di un tema, per poi deviare il discorso su altro, senza apparenti nessi logici. Vedete l’articolo su Serianni).

Di cosa parla dunque questo articolo sibillino? Non propria della nascita d’Amore, ma del suo nascimento. Quindi a occhio che significa? Che dobbiamo fare un passo indietro almeno di 750 anni, quando questa parola filtrava dal provenzale nell’italiano, o meglio, nel siciliano dell’epoca. Proprio da lì infatti voglio ripartire, dal cucco della poesia, ovvero: dalla scuola poetica siciliana. Proprio quella della dannata, santa corte di Federico II di Svevia che tutti abbiamo studiato sui banchi di scuola.

La Nascita della nostra poesia d’amore

È qui che la lirica provenzale, una delle sparutissime cose ci hanno insegnato i Francesi, venne rimodellata. I migliori intellettuali e funzionari curtensi dell’epoca fecero fiorire da essa il primo filone poetico italiano indipendente, la prima tradizione di componimenti scritti in volgare.

Il tema centrale su cui si scrisse fu l’amor cortese, che ben si identifica con la vecchia Europa medievale, tanto quanto l’altro tema comprimario della lirica coeva, ovvero la guerra scortese. I grandi scrittori del palazzo federiciano a Palermo appresero le passionali prescrizioni che Andrea Cappellano, dall’alto magistero di chi non dovrebbe saperne nulla (era prete), aveva insegnato a tutta la Francia tramite il trattato De Amore. E i poeti siciliani, uno fra tutti Jacopo da Lentini, alias il Notaro, alias il Boss, alias Mister Sonetto, sviscerarono modi, occasioni, tempi della nascita, della crescita e della fine d’un amore.

Non un amore qualunque, ma quello che si poteva accendere solo tra cavalieri e dame, tra nobili insomma. Nobili di cuore, si intende. Ma anche di sangue, perché no?

In fondo le due cose vanno spesso a braccetto, ah ah ah.

Anonimo filosofo dell’epoca, estremamente sagace.

Ma tornando all’Amore in sé, al di là delle declinazioni della nobiltà, andiamo a vedere la conclusione a cui giunse Jacopo da Lentini: l’Amore è un sentimento che proviene dal cuore e viene acceso dalla bellezza. Tuttavia questa “accensione”, la sua nascita vera e propria, ha una sede diversa: gli occhi, che vedono ciò di cui ci si innamora. Poi, a volte, l’amore per una persona è così profondo che, pensate un po’, si continua ad amarla anche senza vederla. Il cuore dunque nutre il sentimento, ma pur sempre dagli occhi tutto ha avuto inizio. Gli occhi infatti donano all’anima la forma naturale delle cose e attorno a questa immagine la mente e il cuore creano ogni concetto o passione.

L’Amore nello specchio dell’anima

E ora, davanti a questo colossale passo indietro degli organi tradizionalmente principi della nostra cultura, godiamoci il primato degli occhi attraverso il mio sonetto preferito del Notaro: la nascita d’Amore nel proverbiale specchio dell’anima. Signore e signori, così ebbero inizio le scuole poetiche in Italia:

Amore è uno desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l’amore
e lo core li dà nutricamento.
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nascimento:
ché li occhi rapresentan a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata naturalemente;
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e li piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.

Jacopo da Lentini

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