
Riflessioni sull’analogia tra sabbia e tempo nell’esperienza soggettiva dell’uomo
Oggi parlerò brevemente della sabbia, e in particolare di ciò che accomuna concettualmente la sabbia con il tempo. Non è la prima volta che parlo del tempo, ed oggi vorrei tornare sull’argomento andando ad accostarmi alla percezione soggettiva di ognuno di noi.
Una non-percezione
La percezione che abbiamo del tempo, potremmo dire, è una non-percezione: infatti, se viviamo immersi nel vivere il qui-ed-ora, il tempo (o, in altre parole, ciò che il tempo scandisce, come i giorni, le ore, ecc.) scorre silente, senza che ci curiamo troppo di lui. Solo in momenti di presa di consapevolezza del tempo trascorso, introduciamo un momento interno a noi di espressione di considerazioni soggettive, anche emozionali, su di esso. Immaginiamo, ad esempio, una persona intenta a compiere una qualche operazione, che solo quando il sole cala si renda conto del tempo passato.
Distorsioni dell’esperienza del tempo
Facilmente potremmo riconoscere che per molte ragioni il tempo non viene vissuto così, al giorno d’oggi. O, almeno, non nella maggioranza dei casi e delle situazioni. Spesso infatti siamo abituati a lottare con il tempo, o perché ce n’è “troppo poco”, o perché non sembra passare mai. Queste percezioni soggettive sono diffuse, contestuali e basate su abitudini cognitive, comportamentali e di atteggiamenti.
Tempo e sabbia
Tornando alla percezione precedente, la prima descritta, potremmo a questo punto accostare lo scorrere silente del tempo alle caratteristiche della sabbia. Infatti, noi siamo abituati ad avere esperienza della sabbia come qualcosa di molto plasmabile (pensiamo alle impronte che vengono lasciate su di essa) e di non pienamente acciuffabile. Se proviamo a prenderne un po’ in mano e poi la lasciamo cadere, noteremo che essa, come è stata presa, se ne rivà, senza che modifiche alcune siano state lasciate da noi.

Rapporto con il tempo
Questa assenza di “potere trasformativo” sulla sabbia potrebbe essere un punto di contatto con la nostra concezione comune del tempo: esso è un’“entità” a sé stante, senza che noi possiamo modificarne il percorso.
Tornando invece alla plasmabilità della sabbia, potremmo azzardare un accostamento al fatto che, come camminando sulla sabbia lasciamo delle impronte, camminando nel tempo della vita possiamo lasciare dei segni della nostra presenza, del nostro passaggio.
Il fatto che la sabbia sia immodificabile, mentre in certi casi molto plasmabile, potrebbe sembrare un’apparente contraddizione, ma si basa semplicemente su caratteristiche che differiscono in base allo stato in cui si trova la sabbia.
Modificarne la percezione soggettiva
È vero che non possiamo modificare il percorso del tempo, ma è anche vero che possiamo modificarne la nostra percezione soggettiva, arrivando a viverlo persino come una realtà neutra, di cui ci serviamo, di cui non abusiamo, con la quale passeggiamo insieme. Infatti, la connotazione positiva o negativa che attribuiamo alla nostra esperienza interna del tempo non è necessaria. Può essere piacevole, a volte, ma non dev’essere una dinamica mentale onnipresente e pressante nella nostra intimità. In fondo, è un aspetto della vita che in molti casi passa spontaneamente inosservato, come abbiamo detto. Quindi, perché forzarlo ad essere vissuto in maniera diversa dentro di noi?
Non forzare la presa
Un’ultima tendenza umana che voglio portare alla vostra attenzione è quella del “non avere mai tempo”, e di cercarne di più. Se cerchiamo di catturare il tempo, esso ci sfuggirà ancora di più dalle mani. Infatti, non è dato a noi chiedere più tempo di quello che ci è concesso. Quello che abbiamo, è abbastanza. Dobbiamo più che altro essere abili a trovarci in sintonia con esso, dedicando anche – non dimentichiamocelo – giusto spazio al riposo, che è necessario per noi.
La sabbia, come il tempo, è qualcosa che possiamo in parte afferrare, ma se stringiamo la presa, scivola via.
