
Rincorrere il sonno: la semplice verità di questo circolo vizioso
Il sonno costituisce un processo fondamentale per la vita di ognuno di noi. Sapevate che passiamo circa un terzo della nostra vita a dormire? Infatti, dormendo – in teoria – 8 ore al giorno, si passa un terzo della nostra vita giornaliera a dormire. Dopotutto, il processo del dormire permette all’organismo di riposarsi e recuperare energie, che l’organismo stesso dissiperà in diversi modi durante la fase vigile della sua vita.
A volte accade che per vari motivi non riusciamo a dedicare il giusto tempo al nostro organismo, a noi stessi, per ristorarci adeguatamente. Altre volte può accadere di preoccuparci attivamente di ritagliare questo tempo per noi, non solo creando le condizioni per dormire, ma agendo su noi stessi in maniera decisa e ferma, riguardo alla necessità di dormire. Questo è quello che può succedere in alcuni casi in cui, pronti per dormire, ci accorgiamo di non riuscire – per un tempo più o meno lungo – ad entrare nel momento dell’addormentamento, e cominciamo così a rigirarci nel letto.
Uno sguardo alla psicologia cognitivo-comportamentale
Se vi siete mai trovati in una situazione del genere, vi sarà sicuramente capitato anche di provare sensazioni spiacevoli e di non riuscire a soddisfare la vostra voglia di addormentarvi il prima possibile. Oggi cercherò di spiegarvi perché sovvengono determinati pensieri ed emozioni che spesso vengono considerate negative, come agitazione generalizzata, ansia e, nei casi spinti più al limite, addirittura panico. La spiegazione e il ragionamento proposti prenderanno spunto dall’orientamento psicologico cognitivo-comportamentale, il quale nel corso degli ultimi decenni si è mostrato ed è stato riconosciuto ufficialmente come uno degli approcci più efficaci nel panorama psicologico e psicoterapeutico, soprattutto per quanto riguarda il trattamento delle problematiche correlate a forti emozioni percepite di ansia, in tutte le sue sfumature.
L’inizio di un circolo vizioso
Tutto parte dal momento in cui ci mettiamo a letto con l’intenzione di dormire. Spegniamo la luce, rimbocchiamo le coperte, chiudiamo gli occhi. Spesso non bastano queste azioni per impostare la mente nell’ottica di totale rilassamento, pronta ad accogliere il sonno. Come facilmente possiamo verificare, la mente è capace di correre attraverso lande infinite in pochi istanti. Molte persone provano lo stimolo ad attivare la mente e l’immaginazione proprio nel momento in cui ci si prepara a dormire. Ma, a prescindere da questa eventuale attivazione, può accadere che passi del tempo prima di addormentarsi. A volte, molto tempo. La mente, che in questo tempo può attivarsi e cominciare a generare pensieri di ogni tipo, può andare ad indagare le cause del mancato sonno immediato, descrivere situazioni reali, immaginarie, e può capitare anche che si inoltri nello scandagliare le conseguenze di un mancato sonno adeguato.
Considerare il mancato raggiungimento del sonno come una minaccia per sé stessi, in prospettiva dell’energia o della lucidità che ci serviranno per qualche motivo il giorno dopo o che comunque desideriamo tanto, può determinare lo spunto iniziale per la creazione di un circolo vizioso che coinvolge aspetti psicologici e fisiologici.
La componente cognitiva
Questo circolo vizioso può portare ad un’agitazione ed un’ansia sempre crescenti, con correlati di attivazione fisiologica ed il mantenimento di pensieri negativi che fanno presagire uno scenario terribile. Come accennato, lo spunto inziale di questo circolo vizioso è un pensiero: la componente cognitiva è sempre il punto di partenza dell’espressione umana.
Non fraintendetemi, lo spunto proveniente dalla realtà circostante non è da sottovalutare: è importantissimo, in quanto spunti o fattori esterni possono definire l’inizio di un processo interno a noi, che si configura come reazione a quel determinato evento, andando a stimolare degli elementi cognitivi di carattere valutativo.
Ma questa reazione parte sempre dall’elemento interpretativo umano, che esiste proprio all’interno del processo cognitivo. Emozioni ed azioni – o comportamenti – che proviamo e mettiamo in atto seguono sempre il dominio cognitivo, ovvero relativo al pensiero che si è generato – spesso automaticamente ossia sotto la soglia della consapevolezza – in seguito ad uno stimolo, esterno o interno a noi.
Descrizione del processo vizioso
Dunque, un pensiero: ad esempio, il pensiero di dover dormire presto perché il giorno dopo si dovrà presiedere ad una riunione di lavoro importante. Di fronte a questa necessità percepita, è naturale che segua la nascita di un’emozione coerente con questo pensiero: l’ansia. Ossia, la preoccupazione riguardo a una potenziale minaccia futura, nel nostro caso quella di non riuscire a dormire e quindi di non riposarsi adeguatamente.
Ne conseguirà necessariamente un’attivazione psichica e fisiologica volta a preparare l’organismo alla ricerca di una soluzione per risolvere il problema identificato. Ma, come è naturale, questo aumento dell’attività a livello corporeo e mentale tenderà a farci svegliare ancora di più. Il circolo vizioso vero e proprio si instaura, allora, nel momento in cui, non consapevoli della naturalità di questo processo, tendiamo a percepire questa maggiore attivazione dell’organismo come una minaccia ancor più grande al nostro tanto agognato sonno. Ecco qua che il circolo vizioso è instaurato (Figura 1).

Come una spirale
Da una distorta percezione di questo processo derivano pensieri automatici che continuano a mantenere in vita il circolo vizioso: “devo dormire al più presto”, “devo assolutamente calmarmi e provare a dormire”, “mi sento più agitato, quindi devo impiegare un maggiore sforzo nel tentare di dormire”…
Ma il problema fondamentale è che perpetuando questa sequenza di azioni non si fa altro che porsi in una condizione di maggiore attivazione psico-fisica!
Come in una spirale crescente di auto-attivazione, farsi “comandare” da pensieri disfunzionali riguardo al dover dormire risulta essere l’elemento che mantiene e alimenta il circolo vizioso. Vediamo questo circolo più nel dettaglio: pensiero di partenza > insorgenza dell’ansia > modificazioni fisiologiche conseguenti all’ansia (funzionali di per sé allo stato mentale che si sta generando) > generale aumento dell’attivazione corporea > percezione di questo aumento dell’attivazione > insorgenza di pensieri automatici relativi al doversi calmare > aumento dell’attivazione psico-fisica (ansia e parametri fisiologici) come diretta conseguenza di questi pensieri, i quali spesso implicano una doverizzazione, ossia un pensiero espresso sottoforma di “dover fare qualcosa”, e che altro non è che una violenza su sé stessi e sul proprio modo di funzionare. E così via, in un crescendo di attivazione psicofisiologica e aumento di stress e tensione fisica e psicologica.
La persona è la chiave di volta
Infatti, questi pensieri generati non fanno altro che alimentare, per il contenuto che apportano, altra tensione a livello mentale e fisico, fino a determinare un carico spesso eccessivo per l’organismo. In alcuni casi, si può arrivare a provare sensazioni di panico o di “assenza di via di fuga”. In ogni caso, più si specializza questo processo, più si allontana la prospettiva di un rilassamento progressivo seguito dall’addormentamento e da un sonno adeguato.
L’elemento sorprendente è che questa prospettiva si allontana nella realtà – data l’attivazione dell’organismo – come anche nell’attività immaginativa della persona, la quale si rende conto dell’agitazione che prova e delle conseguenze in termini di mancato rilassamento cui sta andando incontro, ma nonostante ciò continua attivamente a nutrire e mantenere il processo disfunzionale! In altre parole, la persona si rende conto di quello che prova e delle conseguenze a breve termine di quello che sta provando, ma non si rende conto che è lei stessa ad alimentare questo processo disfunzionale. È come se non riuscisse a guardare al di fuori del circolo che si è venuto a creare.
Interpretare erroneamente
Osservare invece dall’esterno questo meccanismo potrebbe fornire elementi di verità e consapevolezza sulle cause del processo, nonché spunti di riflessione sul modo per interromperlo.
L’elemento che non permette di uscire da questo circolo è proprio l’interpretazione erronea dello stato di attivazione psico-fisica esperito. In quel momento, se la persona si rendesse conto che proprio con i suoi pensieri ha determinato l’attivazione generale dell’organismo, intuirebbe facilmente che, continuando a generare pensieri simili, il corpo continuerebbe a comportarsi nella stessa maniera.
Ma proprio per questa assenza di soluzione di continuità si è portati ad entrare nel vortice dei pensieri automatici ed immediati che tendono a scaturire da situazioni di emergenza percepita come quella descritta.
La doppia causa del mantenimento del circolo
In particolare, la fase di rinnovo e mantenimento del circolo vizioso – che come abbiamo detto consiste nella generazione di nuovi pensieri disfunzionali – può essere causata da due fattori: innanzitutto, come già spiegato, dall’interpretazione erronea (o meglio, dalla mancata attenzione posta alla comprensione delle reali cause) dell’attivazione psico-fisica del proprio organismo; in seconda istanza, possono contribuire anche pensieri di diversa natura, comprese credenze disfunzionali, che si immettono nel circolo contribuendo alla generazione di ansia e al conseguente aumento dell’attivazione generale (ad esempio, il pensiero che la mattina dopo non si riuscirà a stare svegli e attenti durante la riunione).
Verso la luce
Il circolo vizioso descritto, se perpetuato, è destinato a stressare eccessivamente l’organismo, caricandolo di un peso eccessivo che non avrebbe motivo di esistere se l’individuo non restasse impigliato in questo meccanismo.
Per risolvere questi “piccoli inciampi” può essere molto utile conoscere come effettivamente funzionano mente e corpo in queste situazioni. Dopodiché, sollevati dalla nuova comprensione di questi elementi e motivati nell’affrontare queste situazioni provanti, il mio invito è quello di provare a fermarsi: a contrastare il potente vortice del circolo vizioso… cercando di interrompere o diminuire la generazione di pensieri automatici e cercando invece di accogliere la realtà della propria attuale esperienza, lanciando magari – in un secondo momento – uno sguardo indagatore alle cause delle proprie sensazioni ed emozioni. Si acquisirà così, pian piano, dimestichezza tramite la pratica, la pazienza e la fiducia nelle grandi potenzialità della persona.

