
Scandalo all’Ariston: tre canzoni che hanno fatto la storia del festival di Sanremo
Si è da poco conclusa la settimana dedicata alla settantesima edizione del festival di Sanremo, e anche noi di ideefolli ci siamo lasciati travolgere dai ritmi scatenati e dai brividi del cuore.
Sì perché nonostante gli anni il festival dei fiori rimane un appuntamento irrinunciabile per molti italiani, un simbolo del nostro Paese e della nostra cultura, tanto che per ben sette giorni sembra non esistere altro. Perfino chi non lo guarda, per disinteresse o per partito preso, non può isolarsi totalmente dalle frizzanti note della città dei fiori. E allora concediamoci un viaggio indietro nel tempo alla ricerca dei piccoli grandi scandali che hanno colorato il palco dell’Ariston. Ma no, niente farfalline e falsi tentativi di suicidio in diretta, le noti piccanti saranno solo quelle della musica.
Sanremo e La regina dei fiori: voce d’angelo, anima ribelle
Se si parla di fiori e Sanremo non si non nominare Nila Pizzi al secolo Adonilla Pizzi. La cantante romagnola, esponente irraggiungibile del bel canto, è la regina indiscussa di Sanremo e della tradizione melodica italiana.
Come tutti sappiamo nel 1951 è salita sul gradino più alto del podio con l’intramontabile Grazie dei fiori, ma è l’anno successivo che segna la consacrazione della talentuosa ragazza di Sant’Agata bolognese. Infatti nel 1952 con Vola colomba si aggiudica il terzo, il secondo e naturalmente il primo posto. Un trionfo totale. La conoscete? Se mai ve la foste persa ecco a voi il video per gustarvi questa incommensurabile perla.
Ma diamo un’occhiata al testo:
Vola, colomba bianca, vola
Diglielo tu (diglielo tu)
Che tornerò (che tornerò)
Fummo felici, uniti, e ci han divisi (e ci han divisi)
Ci sorrideva il sole, il cielo, il mar (il cielo, il mar)
A prima vista ci risuona come una normalissima canzone d’amore dell’epoca. Nostalgia, Dolore, Dramma tutti ingredienti fondamentali per una struggente canzone di successo. Ma a ben guardare c’è di più. Questo testo è un vero e proprio manifesto politico. Infatti l’amore perduto da cui la protagonista è stata tragicamente divisa non è un uomo bello e tormentato, ma la città di Trieste.
Sì perché se tutti sappiamo che l’unità di Italia è stata raggiunta nel 1861, non tutti si ricordano che l’effettivo e soprattutto definitivo assestamento dei confini nazionali è avvenuto solo 1954 con la “concessione” di Trieste all’Italia da parte dagli americani.

Nel 1952 Trieste era ancora in mano statunitense e i rapporti diplomatici fra USA e Italia erano a dir poco frenetici, e il buon senso di certo imponeva di non sbandierare ai quattro venti posizioni troppo esplicite. Solo una grande artista e una grande donna avrebbe potuto portare davanti all’attenzione dell’opinione pubblica una questione tanto delicata con così tanta grazia ed eleganza.
Insomma, voi lo avreste mai detto che dietro quella voce d’angelo si nascondeva un’anima ribelle e patriota? Altro che rock trasgressivo.
Ciao amore: storia di disperazione e di suicidio
Lasciamoci da parte l’atmosfera rassicurante degli anni cinquanta e arriviamo al 1967. In quasi poco più di un decennio il volto del Bel Paese è completamente trasfigurato. Non più mamme sorridenti fresche di messa in piega pronte ad elargire cure e prelibatezze fatte a mano a pargoli e mariti, ma donne, studenti e lavoratori sempre più attenti e partecipi alla vita politica e comunitaria.
In questo periodo, Luigi Tenco decide di portare sull’Ariston il brano Ciao amore una canzone struggente che parla del dramma dell’immigrazione.
Niente bastimenti diretti in America, niente terre lontane. La storia dei lavoratori del sud che lasciano la loro vita alle spalle per cercare un futuro migliore nel triangolo industriale del nord. Con tutto ciò che comporta, dire addio agli affetti, alla propria terra, lasciare la campagna per essere inghiottiti da una città feroce ed estranea.
Andare via lontano
cercare un altro mondo
dire addio al cortile
andarsene sognando.
E poi mille strade
grigie come il fumo
in un mondo di luci
sentirsi nessuno.
Sappiamo tutti purtroppo come è andata a finire: la canzone non superò la selezione per la finalissima e Tenco non superò la notte. Si uccise. Si dice ce non riuscì a sopportare che un tema così importante non era riuscito a imporsi sulle rime cuore-amore che da sempre popolano il festival dei fiori, ma la verità dietro ad un suicidio non è mai univoca e isolata. Quel che è certo, è che Tenco e la sua musica non tramonteranno mai, e questa è la più grande vittoria per un artista.
Quella volta che Patty pravo si vestì da Geisha
Cambiamo decisamente atmosfera e tuffiamoci nei ruggenti anni ottanta. La società è drasticamente cambiata e con lei anche il festival di Sanremo. Pagliette, spalline e mini la fanno da padrone. La parola d’ordine è glamour. Fra tutti, spicca la ruggente ragazza del Piper, garanzia di scandalo e trasgressione. Dopo aver sorpreso l’Italia con le sue foto di nudo integrale per la rivista Playboy, Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo, torna ad incantare l’Ariston nel 1984.
E lo fa come solo lei può e sa fare, da icona si stile e di sensualità. La cantante veneziana scende la scalinata più ambita di Italia con un look destinato a entrare negli annali dei festival.
Un vestito nero minimale firmato Versace, e una acconciatura scultorea che rievoca l’immagine di una geisha giapponese. Un simbolo di erotismo e devozione, l’evocazione di una donna pronta a soddisfare tutte le brame del proprio uomo. un look che ben si abbina al testo della canzone in gara Per una bambola un gioco mai volgare di allusioni sessuali che raccontano le crudeltà di una relazione ormai finita, e il desiderio di ricominciare ad amare sé stessi.
Un brano che fece scandalo e si aggiudicò il premio della critica.
Non c’è nulla da fare “Sanremo è Sanremo” e voi? quale canzone vi è rimasta più impressa?


Un commento
silvana
.e’ sempre un piacere leggere gli articoli pubblicati anche questo molto interessante. Brava:.