Spettro Halloween
Fantasia,  Horror,  Letteratura

Lo spettro della Luna Nera. Una Halloween story

“Nel culto dei morti, i sacrifici umani che venivano consumati avevano lo scopo di mantenere l’equilibro tra vita e morte […] il sangue infatti fecondava la terra rendendola fertile per la nuova vita”.

Una lettura adatta, pensò Jerry dopo aver brevemente elaborato queste parole. Mancavano due giorni ad Halloween e, come ogni anno, cercava di prendersi qualche giorno per entrare nel mood adatto a quella grandiosa festa. Sentì una folata di vento sulla parte bassa della schiena, che lo fece rabbrividire; si coprì la zona lombare colpita abbassandosi la maglia pesante, e continuò la sua intrigante lettura: “[…] in questo modo […] vita e morte si intrecciavano, ed erano una cosa sola”. Jerry pensò di alzare brevemente lo sguardo verso la finestra. Non voleva perdere il filo del racconto, ma ciò che voleva ancora di più era evitare altre folate di vento. Diede un solo sguardo, poi di nuovo giù sul Kindle… dopo qualche secondo elaborò l’informazione osservata alzando lo sguardo. Strano, pensò: la finestra era chiusa.

Il giorno seguente

Il giorno seguente fu sancito dall’ultimo rintocco delle campane delle 8:00, che svegliò Jerry buttandolo giù dal letto. Non può andare così ogni volta, disse tra sé e sé: non si ricordava un mattino in cui non avesse perso dieci anni di vita venendo svegliato di soprassalto dalle campane della vicina chiesa. Erano solo pochi mesi che si era trasferito lì, ma ne aveva abbastanza di questa storia. Storse il naso e si diresse stiracchiandosi verso la finestra. Aprendo le imposte, quella di destra gli sfuggì per andare violentemente a sbattere contro il muro dell’edificio: a quanto pare, quel giorno un forte vento aveva preso la scena, e i suoi ululati facevano eco in tutta la valle.

Andando verso il college, Jerry notò con piacere che l’aria non era poi così fredda, nonostante la stagione promettesse il contrario. Non ebbe bisogno neanche della sciarpa, che ripose provvisoriamente nella tasca esterna del suo zaino. Guardò di sfuggita l’orologio, attraversando. Quel giorno saltava la prima ora di lezione, dato che mancava il professore di Storia. Peccato, pensò con un po’ di scoraggiamento, avrei voluto sentire ancora una volta la sua intrigante storia a tema sulle origini di Halloween. Erano le 8.50. L’entrata in seconda era alle 9.15: giusto in tempo per regalarsi una tazza di caffè lungo in più.

Il biglietto

Era una modesta tavola calda a due isolati dall’entrata del college. Luogo caldo e rassicurante, wi-fi gratuito, posto occupabile per diverse ore a fronte di un ordine minimo: il pacchetto perfetto per ogni studente. Di fronte al suo caffè molto lungo e molto zuccherato poteva perdersi nei suoi pensieri e nelle sue immagini mentali senza troppa difficoltà. Percorso che stava intraprendendo ancora una volta, se non fosse stato interrotto da una figura saettante che passò proprio di fronte al suo sguardo perso nel vuoto, dietro i vetri trasparenti del bar, a due o tre tavoli di distanza da lui. Di fronte alla porta, anche questa a vetri, si fermò quello che dall’aspetto sembrò un senzatetto. Esitò nell’entrare, sembrava confuso. Dopo alcuni secondi, Jerry decise di distogliere lo sguardo e tornare a guardare la sua tazza di caffè.
Un paio di minuti dopo notò con la coda dell’occhio che quella figura stava entrando, con passo calmo. Passò proprio di fronte a lui, e lasciò cascare con impacciata evidenza un biglietto proprio sul tavolo dove era seduto Jerry. Il quale si sentì stranito, ma decise di prenderlo e aprirlo lentamente. Recitava, in una calligrafia alla Piccoli Brividi: “Beware of the Black Moon”. Jerry sapeva esattamente di cosa si trattava.
Uscito di corsa dal bar, il caffè lasciato a metà sul tavolo, si diresse verso il college di gran lena, avvolto in uno stato d’animo al 70% divertito e al 30% inquietato. Sapeva chi era stato a prendersi gioco di lui.

Le apparenze ingannano

O almeno, pensava che fosse stato lui. Anzi, ne era sicuro… Doveva essere stato Derrick, il ragazzo a capo della banda rivale del college: si era messo d’accordo con un senzatetto e aveva provato questo vano tentativo di spaventarlo. Pff! Serviva ben altro per spaventare Jerry.
Mentre era immerso in questi pensieri, un urlo alla sua sinistra lo fece trasalire.
– Bu! Ahahahahah – urlò un’altra persona a destra, mentre un’espressione terrorizzata si disegnava sul volto di Jerry. Dallo spavento perse l’equilibrio e cadde all’indietro, con il sedere sul morbido prato del college. Dopo alcuni istanti Jerry realizzò che Derrick e i suoi sostenitori erano i responsabili; allora, si riprese subito e reagì.
– Divertente, Derrick, ha–ha. – disse tra le risate dei quattro o cinque ragazzi della banda di Derrick, che stavano ridendo di gusto. – E sentiamo, sai spaventare anche in altri modi che non siano far trasalire la gente? Ad esempio, mandando barboni a lasciarmi bigliettini nei bar? “Beware of the Black Moon”? – concluse scimmiottando l’ultima frase.
Il volto di Derrick passò gradualmente dalla gioia incontenibile causata dal riso a un’espressione aggrottata e disorientata. Dopo alcuni secondi tornò a una nuova espressione ridente, stavolta anche evidentemente perplessa.
Seguirono alcuni commenti sgradevoli da parte dei ragazzi, che altro non erano che dei tentativi cantilenati di far passare Jerry per scemo: – Jerry-fuori-di-melone! Jerry-fuori-di-zucca! Jerry-fuori-di-scrigno – e così via, e mentre cantavano seguivano Derrick, che aveva iniziato ad allontanarsi, camminando lentamente all’indietro, una mano in tasca e con l’altra facendo un gesto con l’indice che ruotava, diretto verso la fronte, a rimarcare le presunte bizzarrie di Jerry.
Che stupidaggini! Doveva essere stato Derrick a organizzare quel pallido tentativo. E ora volevano farlo passare per uno strambo. Che tipi! Uno più scemo dell’altro…

Il mattino di Halloween

La mattina del 31 ottobre Jerry si svegliò da solo. Appena aprì gli occhi fece quasi fatica ad abituarsi a un silenzio cui non era abituato. Erano le 8.01, ma nessuna campana aveva suonato. Andò alla finestra. Aprì le imposte, sentì l’aria: non un filo di vento, il cielo nuvolo, ma di un bianco quasi candido. Non un rumore per strada, non una macchina, né un chiacchiericcio, né un cinguettio. Sembrava tutto fermo. Innaturalmente fermo.

Uscì di casa poco dopo: era ora di comprare gli ultimi preparativi per la festa di Halloween di quella sera.
Si fermò una buona mezz’ora nel suo negozio di fiducia, che apriva solamente in occasione di Halloween, per un paio di settimane. Mentre vagava fra gli scaffali in fondo al negozio, decise di origliare una conversazione nella corsia accanto alla sua. Parlavano di uno spettro. Beh, di cos’altro si può parlare ad Halloween!, pensò. Non si capiva molto: bisbigliavano. Incuriosito, Jerry si avvicinò agli scaffali che separavano le due corsie e cercò di sbirciare tra due zucche verniciate di nero. L’uomo che parlava era alto, con una visibile gobba e un mantello nero, e si rivolgeva ad un signore anziano, che lo ascoltava con l’aria di chi sa di cosa si sta parlando.
– Quello spettro, caro mio… lo sai, ogni cinquecentosessantatre anni, puntuale come la morte, torna a farsi odiare fra i poveri mortali – intanto, l’altro uomo annuiva vistosamente.
– E sembra che anche questa volta abbia già scelto chi torturare, per saziare la sua fame… e tornare a dormire fino alla prossima apparizione.
– Il vulcano! – urlò con forza il vecchio. L’altro lo invitò vistosamente ad abbassare la voce, guardandosi intorno. Il primo continuò – Il vulcano ospiterà la sua ira, e la sua strage avrà compimento.
– La Luna Nera… come sempre – disse l’uomo gobbo, con fare cerimonioso.
– Come sempre. – concluse l’anziano signore.
La curiosità di Jerry si trasformò in leggero divertimento, pensando a quanto quella situazione somigliasse a una classica scena di un film horror. Ma quella spensierata sensazione scomparve totalmente quando l’uomo gobbo si voltò verso di lui, e rimase a guardare nella sua direzione per più di tre secondi. Preso da una crescente sensazione di autentico panico, Jerry cominciò a camminare a passo estremamente svelto verso l’uscita, lasciando le ultime cianfrusaglie che voleva acquistare nel cestino a forma di zucca che aveva abbandonato in fondo al negozio.

Meglio soli che mal accompagnati

Aveva sudato ben più del previsto quando arrivò a casa, e dopo aver dato tre mandate alla serratura della porta principale decise di fiondarsi in doccia. Un bel bagno caldo l’avrebbe rilassato senza dubbio. Erano momenti come questi che gli facevano rimpiangere di essere andato a vivere da solo in un appartamento vicino al college.

Mentre si insaponava la testa, cercava con gli occhi chiusi di dimenticare quanto appena vissuto ma, non riuscendoci, tentò di trovare delle interpretazioni che non lo riguardassero in prima persona. Bene, non ci riuscì. A maggior ragione del fatto che aveva ricollegato da poco il discorso sulla Luna Nera al biglietto del giorno prima. Certo, non capiva cosa c’entrasse il vulcano, ma… Stava cominciando ad impanicarsi, e l’unico spiraglio di serenità che giunse fu dato dalla considerazione che se tutto ciò era frutto di uno scherzo di Derrick, stava riuscendo dannatamente bene.

Si preparò velocemente per la festa, ed uscendo di casa si maledisse per non aver accettato il passaggio in macchina offertogli una settimana prima dal suo amico nerd del corso di Scienze. Ha detto che voleva godersi l’atmosfera di Halloween, lui, pensò Jerry riferendosi a sé stesso con un tono molto sarcastico e irritato.
Ormai era buio, ma l’aria festosa e tanti ragazzini e ragazzine travestite che andavano urlando Trick or Treat?” in giro per le strade lo distrassero dalla sua inquietudine.

La Luna Nera

A metà strada, però, incappò in una porzione di tragitto totalmente deserta, e la sua inquietudine cominciò a farsi risentire. Guardando in alto si accorse di come la luna era pallidissima, e gli venne da pensare che non poteva essere più lontana dall’essere nera come quella Luna di cui aveva sentito parlare.

luna

Quando terminò questo pensiero, un rapido movimento in un vicolo alla sua sinistra rapì la sua attenzione. Dopo un attimo di esitazione, si convinse che la goffa figura che si era mossa corrispondeva all’uomo gobbo che aveva visto nel negozio. Cercò di convincersi di proseguire per la sua strada, ma fu più forte di lui: fece qualche passo verso il vicolo. Vi entrò. A passi lenti e felpati, si teneva a distanza dal punto in cui aveva visto sgattaiolare l’uomo, così da mantenere una visuale ampia su quella porzione di spazio. Così facendo, ormai verso la fine del vicolo, scorse una piccola insegna pendula, scarsamente illuminata da un lampione mal posizionato. Essa recitava: “La Luna Nera”.

Ma certo! La locanda, La Luna Nera! Quel posto un po’ fatiscente ai lati della città, che aveva visto di sfuggita solo un paio di volte, il classico luogo sul quale venivano narrate più storie di quelle corrispondenti a realtà. Aspetta un attimo, pensò, se non sbaglio… ma sì, alcune voci di paese che ho sentito narravano che al suo interno fosse presente una riproduzione in scala dell’antico vulcano sui detriti del quale sorge questa cittadina… Ma certo! La Luna Nera… il vulcano… il racconto sullo spettro. Tutto tornò. “Attento alla Luna Nera”, risuonarono le parole del biglietto nella mente di Jerry, che rabbrividì e decise seduta stante di tornare indietro. Proprio mentre si stava voltando per darsela a gambe, un bidone venne rovesciato nel buio del vicolo, creando un frastuono assordante. Subito dopo, un’ombra che avanzava veloce sul muro illuminato fece capitombolare Jerry nella direzione opposta, verso la Luna Nera.

Atto finale

Jerry si fermò nel piccolo slargo ai piedi della locanda. Rimase in stato di allarme, in attesa del peggio, ma non spuntò niente dal vicolo. Dopo una decina di secondi, una cantilena lenta e grave parve comparire nell’aria, proveniente da più direzioni. Jerry non riusciva a distinguere le parole, ma riusciva a capire che non era niente di buono. La cantilena proseguiva, e dalla foschia in lontananza emersero delle figure incappucciate che portavano una candela in mano, e venivano verso di lui. Si girò appena capì, ma dall’altra parte c’era la stessa situazione. Rimaneva il vicolo! Guardò in quella direzione speranzoso, ma i suoi occhi persero quella scintilla di speranza nel momento in cui un’ombra prese il sopravvento sulla parte visibile e illuminata del muro. Le figure si stavano avvicinando, e ora le parole diventavano più comprensibili: “[…] l’equilibro tra vita e morte […] e il sangue versato sarà utile per molti […] e vita e morte diverranno una cosa sola”. Jerry si sentì svenire sentendo quelle parole, ma grazie a un’ultima, grande scarica di adrenalina si guardò intorno e tentò di fiondarsi nell’unica direzione rimanente, ossia oltre la ringhiera che delimitava lo slargo. Sarebbe stato un bel salto, non sapeva neanche di quanti metri, fino al prato più in basso, ma era l’unica soluzione per evitare il peggio. Allora si slanciò verso la ringhiera, ma colpì con il piede destro un sasso che gli fece perdere l’equilibrio, cadendo rovinosamente a terra. Le figure erano ormai vicine, la cantilena più forte, e lui cominciava a sentirsi paralizzato dalla paura.

Il resto avvenne molto velocemente. Due figure spuntarono dal veicolo con in mano delle pistole, e cominciarono a sparare all’impazzata alle persone incappucciate, che davano loro le spalle. Cinque, poi dieci di loro caddero senza vita a terra, nel rumore assordante dei proiettili che si libravano in aria. In un secondo momento, un gran rombo di motore precedette l’apparizione di una motocicletta proveniente dal vicolo, che giunse in pochi secondi allo slargo della locanda. Poco dopo, altre due figure uscirono dal vicolo con in mano degli attrezzi infuocati. Intanto, la persona in moto era scesa dal veicolo e stava inserendo una catena con un grosso lucchetto, a bloccare i maniglioni verticali delle due porte d’entrata della locanda. Una volta assestato quell’affare, venne verso di me e lì potei riconoscerlo.
– Derrick! – Esplosi in una esclamazione tanto sorpresa quanto sollevata. Mi aiutò a salire in moto e partì sgommando verso il vicolo, mentre in una coreografia affascinante vidi degli oggetti infuocati volare in aria, in direzione della locanda, e allora capii che gli ultimi due ragazzi spuntati dal vicolo avevano delle molotov in mano, e che le stavano lanciando sulla locanda, per bruciarla.

Mentre la Luna Nera andava in fiamme e rumori inumani uscivano dal suo interno, ci ritrovammo tutti e sei a guardare la scena, a debita distanza, per alcuni minuti. Dopo aver realizzato un po’ di più cosa era appena successo, tutto quello che riuscii a dire, con voce rotta, fu:
– Derrick, ma che cazzo!?
E lui, di tutta risposta, esclamò:
– Ma come, non lo sai che l’unico modo per sconfiggere gli spettri è il fuoco?

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