carpe diem
Poesia

Il tempo delle carpe, ovvero: Orazio perdonami

Il tempo delle carpe è un noto film di Lars Von Trier che vede nella filosofia oraziana un’ideologia anti-animalista da combattere alacremente.

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Locandina originale, poi censurata, del visionario film di Lars Von Trier

Ok, ora basta; ché Orazio si sarà già ribaltato venti volte nella tomba, come un pesce finito per sbaglio sulla barca del pescatore. In verità, oggi parlerò del Carpe Diem, il celeberrimo motto “Cogli l’attimo”, che nulla ha a che fare con le carpe. L’immagine un po’ fessacchiotta della carpa si è sempre piacevolmente prestata in italiano a creare il facile doppio senso e, fino a due secoli fa, poteva anche far ridere.

Ma adesso chiunque la citi attira su di sé la maledizione del grande poeta latino, che sarà pure stato un buontempone maestro di ironia, però ha un limite di sopportazione anche lui1. Per recuperare punti ai suoi occhi devo trattare l’argomento con un minimo di serietà. Il punto è: come farlo senza sfracassarvi i… ehm, senza riportarvi sui banchi di scuola, faticosamente lasciati alle spalle?

La morale della poesia in questione, ovvero l’undicesima del primo libro delle Odi oraziane, è nota quanto quella della favola della volpe e l’uva2. Si parla del tempo, della necessità di vivere appieno il presente, perché il passato è passato e il futuro può tradirci peggio di un attaccante all’ultima giornata di calcio-mercato. Fin qui tutti d’accordo: scegliamo il presente, impieghiamo bene il tempo, godiamoci la vita.

Tuttavia, a questa filosofia d’immortalità quotidiana io vorrei aggiungere un tassello: il tempo straordinario. Sia Orazio che altri pensatori parlavano, nelle loro opere, del tempo ordinario; applicavano cioè i loro insegnamenti alla vita di tutti i giorni, per ottimizzarla. Così un filosofo come Seneca poteva affermare:

«La vita è abbastanza lunga, e concessa in abbondanza per il compimento delle più grandi imprese, se saprai impiegarla bene».

Tratto dal dialogo filosofico senecano De Brevitate Vitae

Già questa sarebbe una bella svolta per la felicità individuale: sentire che, per quanto il tempo possa sfuggirci, abbiamo la possibilità concreta di realizzarci, di portare a termine progetti, sogni e quant’altro (salvo fulmini o infarti ndr). Però io vorrei riflettere su un tempo diverso, quello artistico: il tempo della creazione, della performance3.

Il punto non è che l’arte può renderci eterni; quanto interessa ad Orazio che ancora adesso lo stiamo leggendo? Il punto è che, mentre viviamo, può rendere straordinaria la nostra vita: un attore sul palcoscenico in un’ora rivive l’immensità di Amleto; una ballerina di tango si trasfigura nella milonga4; un musicista jazz è irripetibile, quando fonde la sua anima alla band ogni sera. E questo non vale solo per le arti performative, ma anche per chi sperimenta il piacere di dipingere, di scrivere, di tenere in mano una cinepresa.

Infine, voglio regalarvi lo scoop più grande: questa sublimazione della vita non è una prerogativa dell’arte. Possiamo trasporla nello sport, nel nostro lavoro, nei nostri hobby. Basta avere quel pizzico di coscienza in più, quella forza negli occhi, il brio di muoversi con energia, di assaporare tutto a fondo. A questa condizione mi ha avvicinato la pratica del teatro, e per quanto io abbia ogni giorno i classici, sacrosanti momenti di coma mentale, davanti alla tv, sul divano, su Instagram; spesso riesco a vivermi gli attimi importanti come voglio io: a tremila.

E ora che vi ho squadernato davanti la possibilità di una vita “extra-ordinaria”, rileggiamoci Orazio – che male non fa – con rinnovata, frizzante consapevolezza.

Tu non chiedere, non è lecito saperlo, quale fine a me, quale a te
gli dei diedero, Leuconoe, e non tentare
gli oroscopi babilonesi. Quanto è meglio sopportare qualsiasi cosa accadrà!
Sia che Giove ci abbia assegnato molti inverni, sia che ultimo giunga
questo a sfiancare il Mar Tirreno con le avverse scogliere.
Sii saggia: mesci il vino e da uno spazio breve
recidi una lunga speranza. Mentre parliamo, sarà già fuggito
il Tempo invidioso: cogli l’attimo, il meno possibile fiduciosa nel futuro5.

Note:

1) Quinto Orazio Flacco è famoso per essere un poeta sciallo, oltre che fenomenale. All’amore per la misura e per il ritmo poetico univa la scelta dell’autoironia piuttosto che dell’invettiva satirica.

2) La morale, ricordiamolo, è che anche le volpi possono avere istinti fruttariani.

3) Ne parla Eugenio Barba (regista e antropologo dell’Odin Teatret) nella Canoa di Carta, a proposito dell’Energia che conferisce all’attore in scena una presenza diversa, più densa.

4) La milonga è un genere di musica popolare, ovvero un locale da ballo, ovvero quel mix indissolubile che crea l’atmosfera perfetta per una notte di tango.

5) Sono molte la traduzioni storiche dell’Ode XI. Quella che leggete però è una poetica via di mezzo, riammodernata da me. Curiosi dell’originale latino?

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