
The Nobel my friend, is blowin’ in the wind
Il premio Nobel andò a bussare alle porte di Bob Dylan, come la voce del cantautore bussò alle porte del Paradiso. Solo la seconda, però, trovò aperto.
A che mi riferisco? In primis, al capolavoro dylaniano Knockin’on Heaven’s Door. In secondo luogo, al leggendario rifiuto del menestrello di Duluth che, dopo aver vinto nel 2016 il premio Nobel per la Letteratura, non andò a ritirarlo1 per “precedenti impegni più urgenti”. Saranno stati improrogabili, pressanti e musicali quanto volete; ma immaginerete che l’Accademia di Stoccolma non la prese benissimo2.
Facciamo qualche precisazione in più, il premio gli fu conferito per: «Aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana». Ed è l’unico Nobel per la Letteratura finora attribuito ad un cantautore.
Alcuni storsero il naso e andarono a controllare le definizioni di musica e letteratura sul dizionario, tanto per essere sicuri di storcerlo a ragion veduta; altri gridarono al miracolo, al “finalmente anche la canzone è riconosciuta come poesia3”.
Ma io dico, non è forse vero che quei signori del Dolce Stil Novo, ad esempio: Guinizzelli, Cavalcanti, Cino e il suo Amico (Dante) scrivevano canzoni, accanto ai sonetti?
Mi riferisco a quel genere letterario che prevedeva più stanze di versi (endecasillabi o settenari), divise in fronte e sirma con zucchero, cannella ed ogni rima bella; il genere che Dante nel De vulgari eloquentia definisce “eccellente” per la poesia. Aggiungo che queste non erano “canzoni” solo di nome, ma di fatto! Venivano cioè musicate e cantate in circoli poetici o feste popolari, specialmente quando si sconfinava nel genere della ballata. Prova provata che dico il vero: nel secondo canto del Purgatorio, Dante fa cantare al suo amico – e musico – Casella una canzone da lui scritta tempo addietro: Amor che ne la mente mi ragiona.
La “scelta rivoluzionaria di premiare Dylan” quindi ha radici in una tradizione ben più antica del Nobel. Soltanto che le poesie nell’età moderna sono vissute nel silenzio; spesso neppure lette ad alta voce, ma mute sulla pagina, per secoli. E allora adesso bisogna rivendicare la natura poetica della musica e viceversa, quando in realtà si tratta di due gemelle separate in un tempo lontano.
Ascoltando Dylan, come De André, autori non a caso messi in relazione4, è evidente che il verso nasce dalla musica; anzi, esso è musica e ritmo, prima che parola. Dante lo sapeva e dal 2016, finalmente, lo sanno anche gli Svedesi. Scherzi a parte, gli concedo questo: forse lo sapevano e lo hanno dimenticato, come accade sempre più di frequente nella nostra cultura a compartimenti stagni5.
Bob Dylan, dall’alto del suo personaggio6, immaginava che molte persone avrebbero gridato alla rivoluzione e forse per questo ha preferito rimandare la premiazione ad un momento più tranquillo, ad un luogo più informale. Certo, nel mentre (si parla di mesi) al Re di Svezia è salita la pressione e sono stati venduti milioni di giornali sulla scandalosa assenza del cantante-poeta alla Nobel Lecture.

Ma questo, tutto sommato, nell’ottica di Dylan è secondario; così come i motivi del suo ritardo, mai divulgati. Uno scandalo mondiale insomma, generato senza un briciolo di polemica7, solo con quintali di reticenza e un’incomprensibilità genetica degna dei profeti.
In conclusione però, cos’è primario nell’anima imperscrutabile di Dylan? Mi sento di azzardare un’unica risposta: la Musica. Ed è infatti in occasione di due concerti a Stoccolma che il nostro menestrello, trovandosi nei paraggi, andrà a ritirare il premio Nobel in incognito nell’aprile del 2017, prima di salire ancora una volta sul palco a stregare, stonare, improvvisare, incantare il mondo. Il resto, se c’è, conta poco e se ne va col vento. Piuttosto, vi lascio una lista di dieci brani da ascoltare, con tanto di indizio per la prossima parola di Idee Folli:
3) The times they are a-changin’
5) Not dark yet
8) Hurricane
Da quest’ultima canzone traggo infine la poesia del giorno, ma oggi il testo ve lo accenno soltanto. Basta leggere, per una volta: ascoltiamo i versi.
How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
Yes, ‘n’ how many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, ‘n’ how many times must the cannon balls fly
Before they’re forever banned?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind,
The answer is blowin’ in the wind.Traduzione:
Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?
E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che vengano bandite per sempre?
La risposta, amico mio, se ne va nel vento,
la risposta se ne va nel vento.Da Blowin’ in the wind, 1963
Note:
1- Mandò in compenso l’amica e dea del rock Patti Smith a cantare A Hard Rain’s A-Gonna Fall.
2- E nemmeno Carl Gustaf Folke Hubertus, Re di Svezia.
3- Tra l’altro, se non sbaglio, su un paio di poesie messe in musica avevo già scritto un articolo… Ma sì, eccolo: Cirano va a China Town!
4- Alcuni dicono che De André sia il Dylan italiano, altri che Dylan sia il De André americano… prospettive.
5- Piccolo promemoria per me: se continuiamo a settorializzare così le conoscenze, presto non capiremo più nemmeno che cosa hanno in comune l’uomo con la scimmia, oppure l’italiano con il latino.
6- Un personaggio talmente eclettico e lunatico che nel film biografico/fantastico Io non sono qui, viene interpretato da sei attori diversi, tra cui una donna: Cate Blanchett. Film visionario come la vita dell’artista che rappresenta, girato nel 2007 da Todd Haynes. Nel cast stellare, tra gli altri, Christian Bale e Heath Ledger.
7- Al contrario di Sartre, che pure non si presentò a ritirare il Nobel, ma perlomeno si era preso la briga di rifiutarlo pubblicamente. Mentre Dylan si è detto “onorato di aver ricevuto il premio” e che sì, sarebbe passato a prenderlo, prima o poi.

