tradimento
Teatro

Ogni tradimento è già mito

Fin dall’alba dei tempi il tradimento ha accompagnato le generazioni umane, come un’eredità genetica. Immaginate una sterminata serie di corna da caccia, da guerra, da orchestra, ce ne sono per tutte le occasioni: la primavera dei cervi è eterna.

Che Amore sia un bimbo candidamente spergiuro, lo aveva detto già Shakespeare1 e a noi piace ripeterlo. Ma dopo averlo ribadito, dopo aver sottolineato pure che il tradimento esiste da prima degli uomini, visto che gli dei antichi non erano affatto estranei a questa pratica2, è arrivato il momento di dare un senso a questo articolo.

In qualche modo ogni “tradimento” è monumentale, degno di essere raccontato, altrimenti useremmo un nome diverso per descriverlo3. Che sia avvenuto fra uomini, fra donne, fra persone non binary o fra divinità, si tratta di una ferita luminosa in ognuno di noi. Spesso brilla di sangue e risentimento e la si vorrebbe nascondere con un sorriso, altre volte ci stritola a terra rendendoci polvere; ma se continuassi a seguire questa china, l’articolo diventerebbe uno sfogo, un confessionale, una pagina di gossip.

Invece, io voglio ripartire dal mito; non perché le storie zozze acquistino in nobiltà se avvengono sull’Olimpo. Oggi non vi racconterò una delle mille scappatelle di Zeus, né di donne greche sedotte e abbandonate. Voglio invece farvi conoscere il Principe di tutti i tradimenti, il Tradimento per eccellenza e no, non è quello di Paride ed Elena ai danni di Menelao; sebbene avere come conseguenza la guerra di Troia faccia guadagnare parecchi punti. Per me però, il tradimento concettualmente più “alto” non è quello che viene perpetrato ai danni di un singolo, bensì contro l’amore stesso.

Il tradimento contro Afrodite

Tranquilli, ora farò dissolvere la cappa di mistero e respireremo tutti meglio. Partiamo dall’immagine di copertina, dove vedete raffigurati Fedra e Ippolito, dal pennello di Pierre-Narcisse Guérin. Sono i due protagonisti dell’Ippolito portatore di corona del tragediografo greco Euripide4, opera che vede mettere in scena il tormentato amore di Fedra verso Ippolito, suo figlio acquisito.

Gli elementi del disastro ci sono tutti, ma chi è che apparecchia il tavolo? Euripide non lascia spazio alla suspense, perché l’artefice della tragedia si svela fin dal prologo: una lunga battuta affidata alla dea Afrodite. La vedrete tra un attimo, proprio lei che dovrebbe essere indulgente con i tradimenti, incassare malissimo il rifiuto di Ippolito, che le preferisce invece Artemide, la dea della castità e della caccia.

E allora Afrodite ci va giù pesante: fa in modo che la matrigna Fedra si innamori di lui e che il padre, Teseo, sgami tutto e lo creda colpevole. “Cattivella”, mi direte; ma, d’altra parte, bisogna ammettere che ha le sue ragioni: qui non si tratta di un giovanotto che si ribella al vincolo della monogamia, un’istituzione di natura sociale e certo non naturale; qui si tratta di uno che preferisce correre appresso ai cervi, piuttosto che fare sesso con una bella donna/un bell’uomo, con qualcosa che respiri insomma.

«Ma come osa?»

Pensa Afrodite. Lo pensa, ma non lo dice; finge nonchalance, indifferenza, ma tra le righe del suo monologo possiamo vedere il verde invidia affiorare sulle gote5 della madre di Amore, dolce e terribile come suo figlio. Ora però, lascio la parola a Lei, nella modernissima versione elaborata dai traduttori del laboratorio Theatron – Teatro antico alla Sapienza6: preparatevi a farvi spoilerare biliosamente la trama dell’intero dramma.

Prologo dell’Ippolito di Euripide

Irresistibile
tra i mortali e non senza nome tra gli dei,
 sono Afrodite, così mi chiamo.
Tra quanti popolano la terra, da Oriente a Occidente
e vedono la luce del sole,
chi si sottomette alla mia forza, io lo esalto
atterro invece chi si innalza col pensiero.
È nell’indole degli dèi gioire quando ricevono onori dagli uomini.
Mostrerò la verità delle mie parole, subito:
il figlio di Teseo, Ippolito,
puro lo educò Pitteo che era puro,
solo lui tra i cittadini, qui, a Trezene,
dice che io tra gli dèi sono la peggiore,
che non valgo nulla.
Sdegna il letto, non tocca nozze,
onora Artemide, tra gli dèi la stima la migliore, per lui è tutto.
Nei verdi boschi si unisce alla vergine, sempre,
e con cagne veloci fa strage delle belve della terra;
è finito in questa compagnia: è troppo per un uomo.
Non sono gelosa di loro! E perché dovrei?
Punirò Ippolito,
vendicherò le colpe che ha commesso contro di me.
Molte cose ho ottenuto da tempo,
non manca molto: la mia opera sta per concludersi.
Infatti un giorno Ippolito è giunto ad Atene,
per vedere e compiere i sacri misteri.
La nobile sposa del padre, Fedra, l’ha visto e per mio volere
è stata presa da un desiderio travolgente.
Prima di giungere qui, nella terra di Trezene,
proprio sulla rocca di Pallade, di fronte a questa terra,
fece costruire un tempio in mio onore, poiché desiderava chi
non c’era, era lontano chi desiderava, in futuro diranno che
sono stata io a costruirlo in onore di Ippolito.
Poi Teseo abbandonò Atene,
fuggiva il sangue dei Pallantidi, sangue che contamina,
e navigò verso questa terra con la moglie,
accettò un esilio di un anno, lontano.
Da allora lei piange, è sconvolta
– colpita da frecce di desiderio –
lei stremata, si consuma in silenzio,
nessuno in casa comprende la sua malattia.
Ma questo desiderio non deve morire con lei:
mostrerò a Teseo come stanno le cose e tutto sarà chiaro.
E lui, che mi è nemico, il ragazzo
lo ucciderà il padre.
Fedra avrà salvo il nome, tuttavia morirà7;
infatti la sua morte non vale più
della giusta pena che i miei nemici pagheranno
e così io avrò la mia vittoria.
Vedo il figlio di Teseo,
che avanza, ha abbandonato la fatica della caccia.
Vado via da questi luoghi.
Le porte dell’Ade
sono aperte: non lo sa ancora,
questa luce del sole è l’ultima che vedrà.

tradimento
La morte di Ippolito, Lawrence Alma-Tadema

Ook… e se era gelosa che succedeva?

Note

1- Penso in particolare al discorso di Elena, Atto I – Scena I, in Sogno di una notte di mezza estate: «E come i bambini sono bugiardi nei loro giochi, così Amore dovunque è considerato spergiuro».

2- Ce lo ricordiamo Efesto che becca Afrodite e Ares a letto insieme, tanto per dire? Il fabbro degli dei – zoppo sì, stupido no – tese una bella trappola alla propria sposa libertina e al suo guerresco amante. Un episodio raccontato dall’aedo Demodoco nell’ottavo libro dell’Odissea.

3- Non è un caso che, in latino, “tradimento” e “tradizione” abbiano la stessa etimologia: da tradere, che significa letteralmente “consegnare qualcuno /qualcosa”; nel primo caso la consegna è al nemico, nel secondo alla storia.

4- Vale a dire colui che completa la triade dei grandissimi del teatro classico, insieme a Eschilo e Sofocle, nella bella Atene del V secolo a.C. Tra tutti, Euripide è forse il più criticato e imitato al tempo stesso, un autore dalla scomoda modernità sia nella psicologia dei personaggi, sia nel rapporto con gli dei.

5- Il riferimento all’Ode alla gelosia di Saffo, sappiatelo, è assolutamente, inequivocabilmente casuale.

6- Un progetto capitanato dall’inarrestabile professoressa Anna Maria Rosaria Belardinelli, e dal suo degno collaboratore alla regia Adriano Evangelisti. Ai compagni e alle compagne con cui ho vissuto una grande avventura, tra filologia, pullman e teatro, è spiritualmente dedicato questo articolo, con i migliori auspici per il futuro.

7- Un’altra tragedia sul medesimo argomento sarà intitolata proprio Fedra, e sarà composta dallo scrittore latino Seneca. In effetti, difficile stabilire chi sia il/la protagonista delle sventure: il ragazzo punito per aver onorato Artemide o la matrigna suicida per amor suo? Afrodite non sembra curarsi troppo della differenza tra chi la insulta e chi la onora, dopotutto.

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